Ci sono gruppi che dopo cinque, sei anni di lavorazione per un cd pubblicano dei dischi improponibili, osceni e gruppi che escono nello stesso anno, a febbraio ed a dicembre, proponendo due lavori davvero esemplari, suonati benissimo, ispirati, convincenti: i primi, quelli lazzaroni ed imbarazzanti, magari hanno fior di contratti, i secondi, inesauribili e di qualità eccelsa, devono accontentarsi di autopubblicarseli dato che non se li fila nessuno.
Benvenuti nel mondo dei
Feared di
Ola Englund, che non contento della propria iper attività dei Feared è da poco entrato nella line up dei
The Haunted e sta scrivendo una marea di riffs per il prossimo disco che è in dirittura d'arrivo.
Rispetto al buonissimo "
Furor Incarnatus", uscito come detto appena 8 mesi prima, il nuovo "
Vinter" ci mostra l'abilità nei nostri nel sapersi disimpegnare ottimamente tra i vari stili che lo sterminato genere del death metal sa offrirci: se quindi ci aspettavamo una prosecuzione di un mix tra old school USA ed una corrente europea più modernista, con un fondo di
Cannibal Corpse ad unire il tutto, il nuovo album ci offre dei Feared assai più indirizzati sulla seconda posizione, quella più moderna ed europea, tanto che un paragone con i mai troppo lodati (ed anch'essi snobbati)
Darkane diventa un obbligo.
Messa da parte l'incredibile protagonismo positivo degli assoli, qui è il brano che viene valorizzato, con un lavoro pazzesco alla ritmiche, una sezione di basso/batteria esaltato da una produzione allo stesso tempo al passo coi tempi ma non esageratamente plasticosa, ed una prestazione globale della band incredibilmente matura e professionale.
Un death metal con i fiocchi, con rare digressioni melodiche ed ai mid-tempos, fatto essenzialmente di attacchi frontali intramezzati a breaks dannatamente solenni e magniloquenti, urbanamente letali.
La sublimazione del sound "odierno" dei Feared e la totale convinzione di questo nuovo corso, chissà per quanto, si ha con il terzo brano "
Your God" che dopo una partenza ferale si evangelizza in un chorus tecnologico con cori fearfactoriani da accapponare la pelle, senza però i deliziosi gorgheggi (in studio, per carità!!!) del
Burton Bell di turno: qui è tutto rigorosamente urlato o growlato da quella furia di
Mario Ramos, un frontman perfetto per questo genere, a suo agio in ogni sfaccettatura dell'estremo.
Altro centro incredibile, ed ancora più incredibile che sia stato realizzato ad una distanza di tempo così esigua; sperando che il filone non si estingua e che li noti qualche etichetta degna di tale nome, alla faccia di chi si chiude in studi di registrazioni e processi di songwriting lunghi come ere geologiche...
Devastanti.