Dove finisce l'ispirazione e inizia il plagio? Qual'è il limite di quella sottile linea rossa che divide due concetti diversi ma che spesso si sfiorano in maniera pericolosa? Non c'è una definizione univoca, bisogna sempre utilizzare un po' di buonsenso prima di esprimere un giudizio.
"
Arcanum Gloriae" dei connazionali
Astral Domine, primo lavoro sulla lunga distanza della band di base romana, è uno di quei dischi che inevitabilmente portano a porsi la domanda di cui sopra. Chi è la band "incriminata"? Bastano davvero poche note dell'opener "
Holy Knight" per rendersene conto e, se non ci riuscite da soli, vi aiuto io: i Rhapsody.
Perchè? Tematiche fantasy come se piovesse, orchestrazioni, cori e coretti..tutto porta a un paragone sicuramente scomodo con la celeberrima band triestina che ha fatto la storia del "cinematic metal" o dell' "Hollywood metal", chiamatelo un po' come volete. Aggiungeteci anche dei titoli che a tratti richiamano quelli della produzione rhapsodiana e affini ("Where Heroes Die" fa il paio alla "Where Heroes Lie" di Turilliana memoria, così come "
King of the North" richiama proprio "King of the Nordic Twilight") e la frittata è fatta.
O meglio, sarebbe fatta.
Dove si ferma però questa ispirazione? Si ferma a una produzione meno bombastica, ad orchestrazioni più pulite e meno pompose, ad una componente epica molto marcata, tipica piuttosto dei primi lavori dei Rhapsody piuttosto che dei più recenti.
E poi c'è il talento. Gli Astral Domine ci sanno fare e non è possibile fargli un'eccessiva colpa se il loro sound è così influenzato dai capostipiti del settore, soprattutto se il risultato è un album davvero splendido, che riporta la memoria indietro di una quindicina di anni buoni, se non qualcosa in più. Tastiere puntuali e mai invadenti, chitarre (sbaglio o sento una otto corde?) precise e insofferenti delle classiche manie di protagonismo tipiche dello strumento, una sezione ritmica assolutamente presente e mai in secondo piano e, soprattutto, un cantante pazzesco nella persona di
Marco Scorletti, vero punto forte della band, dotato di una voce grandiosa, dal range vastissimo, pulita e colorata. Anche qui il paragone con Fabio Lione è impossibile da evitare, ma anche qui che colpa ne ha il buon Marco? Nessuna, anche perchè almeno personalmente non mi stancherò mai di avere il privilegio di ascoltare una voce del genere sulla bellissima "
Moonlight" ad esempio o sulla successiva "
Tale of the Elves and Pain" (con un giro di tastiera che strizza l'occhio a "Black Diamond" degli Stratovarius), così come assolutamente piacevole è sentirla in parti in italiano su "
Welcome to My Reign".
E in italiano è anche l'ultima "
Falsi Dei", dove troviamo come ospite nientemeno che Giuseppe Cialone dei grandissimi Rosae Crucis, a testimonianza che cantare metal a tematiche fantasy nella nostra lingua madre non è sempre pacchiano ma può risultare assolutamente credibile e godibile.
Per chiudere il cerchio delle somiglianze e delle differenze, l'altro ospite famoso è proprio quel Fabio Lione sopracitato, che presta la sua voce nella bellissimo lento "
Where Heroes Die", suggellando così un parallelo ideale con Marco.
Molto bella ed evocativa è anche la copertina, chiaramente ispirata alle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, con una figura incappucciata seduta su un trono di arbusti, spada puntata a terra a richiamare la figura di Ned Stark seduto sul celebre Trono di Spade, con un corvo appoggiato sullo scranno, altra figura importantissima della saga di George Martin.
Insomma "
Arcanum Gloriae" degli
Astral Domine è un disco che non può lasciare indifferenti, per un motivo o per l'altro. Per quanto mi riguarda è un debutto eccellente, degno erede di un metal epico che ormai sempre più raramente riscuote successi nel nuovo millennio. Consigliatissimo agli amanti del genere e ai delusi dal nuovo corso intrapreso dai Rhapsody.
Quoth the Raven, Nevermore..