Album solista per
Ian James Stewart, noto alle cronache come mastermind degli
Strangeways, band discretamente famosa soprattutto negli anni ’80 che probabilmente i più affezionati di voi alle sonorità melodiche ben ricorderanno.
Il crinuto polistrumentista si presenta al pubblico con un album decisamente eterogeneo, da alcuni oltremanica già perfettamente definito come “troppo elaborato per essere pop, troppo poco duro per essere rock”.
La realtà è che si tratta di un disco non semplice da assimilare, che spazia dall’hard rock alla psichedelia, con frequenti spruzzate di blues. La gran parte del tempo, però, la si passa in compagnia di sognanti ed eteree melodie.
Potrebbe essere un compagno perfetto per un gradevole viaggio in macchina, badando di scegliere una strada con qualche curva onde evitare colpi di sonno durante il tragitto.
Musicalmente si tratta di un lavoro validissimo, sia a livello di songwriting che di produzione, ma pecca a mio parere di mancanza di mordente e di una lunghezza eccessiva.
Nel complesso, una larga sufficienza ma nulla di più.
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