Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:52 min.
Etichetta:Graviton Music Services

Tracklist

  1. FALSE IDOLS
  2. THE LESSER GODS
  3. TRADE WINDS
  4. RISING TIDES IN STILL WATER
  5. FOR NOSTALGIA'S BURDEN, PART I: OUR QUIET FEARS
  6. FOR NOSTALGIA'S BURDEN, PART II: IN MY TIME OF SOLACE
  7. BLACK WIND FROM MR. TAKAMINE (PAT'S NAP)
  8. CHANGING DIRECTION

Line up

  • Mike Neumeister: guitars
  • Patrick Curley: drums
  • Chandler Mogel: vocals
  • Tor Morten: keyboards

Voto medio utenti

"Il folle è consapevole di esserlo? O i pazzi sono coloro che vogliono convincerlo della sua follia per salvaguardare la loro esistenza insensata?"


Dare a me un album del genere, che risaputamente amo le cose folli e fuori dall'ordinario, è come dare un chilo di lardo a Galeazzi. Facciamo dieci chili. Ok dai un quintale. Vada per la tonnellata e non ne parliamo più. Qual'è il concetto? Semplice semplice: i Theater of the Absurd, nomen omen, di follia ne hanno a carrettate.

E "The Myth of Sisyphus", a partire dalla sua splendida copertina, è il perfetto compendio di questa follia musicale. Splendida copertina che rappresenta adeguatamente il caos controllato di un album meraviglioso, dalla prima all'ultima nota, in cui strani pesci fanno gruppo attorno a braccia umane e ad altre cianfrusaglie di origine ignota.
Con questa release, il gruppo di base statunitense (ma con origini tedesche e norvegesi) arrivano al secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo l'omonimo uscito in maniera indipendente nell'ormai lontano 2007. Un esordio che ho avuto occasione di ascoltare un paio di volte e che lasciava già trasparire quest'anima duale della band, dedita a un prog equamente diviso tra componente rock tipica degli anni '70 (Gentle Giant, Yes, Magma) e una decisamente più metal, a tratti sperimentale, coi Cynic a fare da esempio più calzante, senza dimenticare altre band quali i da me già recensiti Vangough o, perchè no, gruppi più moderni come i Fair to Midland.
"The Myth of Sisyphus" accentua questo dualismo musicale, lo amplifica grazie anche a una produzione e a un mixaggio eccellente a cura del leggendario Jim Morris (Savatage e Crimson Glory tra gli altri), che rende i suoni e le voci un'amalgama perfetta, cristallina e chiara nella sua pur apparente confusione. Una confusione lunga 6 anni, un lavoro enorme, un viaggio mentale e trascendentale, che non lascia spazio alle futilità della dimensione terrena.
Tecnicamente non c'è neanche da perdere troppo tempo, onestamente: i 4 musicisti sono di livello superiore, a partire dall'ottimo vocalist Chandler Mogel, range vastissimo e una purezza nella voce incredibile, passando per i virtuosismi alla chitarra e al basso del fondatore Mike Neumeister, ben supportati dalla batteria mai banale di Patrick Curley (che partecipa anche con alcune sezioni in scream) e soprattutto dalle tastiere e dal pianoforte dello sconosciuto quanto superlativo Tor Morten Kjosnes, a mio parere il gioiello della band e uno dei migliori tastieristi che mi sia mai capitato di ascoltare.
Per entrare nelle viscere dell'album vero e proprio invece, voglio usare una frase dell'ingegnere del suono Maor Appelbaum (che ha lavorato, tra gli altri, con Cynic e Therion), che in un'intervista ha detto: “If you take the style ‘Prog Metal‘ and change the word Prog to Drama you will get ‘Drama Metal‘ and that’s what this music sounds like – It’s changing every few seconds and it throws you to different places - ups, downs and sideways”.
Ed è esattamente questa la sensazione che prende ascoltando il disco, un lavoro che per essere apprezzato necessita di essere ascoltato, assimilato e goduto nella sua interezza, proprio perchè è talmente vasto e variegato, così ricco di cambi di ritmo e stile che prendere un brano fuori dal suo contesto potrebbe risultare quasi indigesto e a tratti incomprensibile. La follia insita in questo disco è invece totalmente lucida e calcolata, non una singola nota è fuori posto, tutto è esattamente dove dovrebbe essere e nulla è lasciato al caso.

"The Myth of Sisyphus", ribadisco, è un disco meraviglioso, uno di quelli destinato a girare nelle mie orecchie per tutto questo 2014 e ben oltre, non avendo nemmeno un motivo apparente per risultare noioso o prolisso alla prova del tempo. In attesa che questa faccia il suo corso, un album assolutamente da ascoltare, da possedere e da godere.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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