Per quanto mi riguarda
Strana Officina è sinonimo stesso di metal italiano (e in italiano).
Un genere che non ci appartiene per “tradizione” e che solo una passione straordinaria è riuscita a far diventare nostro, per poi renderlo credibile agli occhi del mondo, nonostante le enormi difficoltà, lo scetticismo e le traversie dell’esistenza umana.
E di avversità questa
band ne ha dovute fronteggiare molte, senza mai arrendersi quando sarebbe davvero stato più facile (e anche comprensibile, visti gli eventi tragici che hanno contraddistinto la sua storia …) mollare tutto e smettere di lottare.
Non solo artisti eccezionali, dunque, ma anche persone dal carattere e dalla forza interiore incrollabile, e in questo non sorprende per nulla che oggi sia la Jolly Roger Records a voler tornare a “raccontare” le gesta di questa eccellenza italica, proprio per un’affine determinazione nell’affrontare sfide apparentemente proibitive.
La ristampa rimasterizzata e arricchita (e che si tratti d’inediti assoluti o meno, in epoche dominate da piattaforme di condivisione e altre varie
diavolerie virtuali, francamente non è un aspetto fondamentale …) dei primi tre lavori del gruppo, cui si aggiunge un intrigante “Rare and unreleased” (niente paura … ci sarà modo di approfondire il tutto …), non solo è un’opera benemerita indirizzata a tutti gli eventuali neofiti, ma è encomiabile anche perché “costringe” gli estimatori ad un fruttuoso “ripasso”, in epoche di frenesie e stagnazioni discografiche.
Tutti i
metalofili, così, si accorgeranno del valore enorme di queste composizioni, dell’immarcescibile forza espressiva che scaturisce dai solchi di questi dischi, fin da quelli dell’omonimo
mini Lp d’esordio della formazione toscana, che andiamo immediatamente a trattare, dando avvio a questa “bella storia”.
Inutile girarci attorno … chiunque voglia cimentarsi nel settore, utilizzando il nostro favoloso e complesso idioma natio deve fatalmente confrontarsi con “Strana Officina”.
Nessuno prima della Strana (e non molti, dopo di lei …) ha saputo coniugare in maniera così armonica ed efficace la
lingua di Dante e i vibranti suoni del
rock, in un equilibrato
mélange d’ironia, vita vissuta, rabbia, intensità e poesia, in cui pure i tipici
cliché del
metallo appaiono autentici e sentiti, anche a distanza di ben trent’anni dall’originale pubblicazione su Minotauro Records.
Dopo averli “sconvolti” con "Non sei normale" apparso sulla leggendaria "Heavy metal eruption", Daniele "Bud" Ancillotti, Fabio Cappanera, Marcello Masi, Enzo Mascolo e Roberto Cappanera, deliziano gli apparati
cardio-uditivi dei
fans con quattro brani strepitosi, aggredendo i sensi (e in una maniera istantaneamente decifrabile!) con "Viaggio in Inghilterra”, ammaliandoli con “Autostrada dei sogni” (un inno alla “libertà” difficilmente eguagliabile …) ed arrivando a soggiogarli definitivamente con la stupenda “Luna nera” (l’assolo è da brividi …) e con “Piccolo uccello bianco”, una potente trasposizione tricolore della
NWOBHM, disseminando l’intero repertorio di palpitanti scorie
hard-blues, retaggio degli esordi assoluti del gruppo, quando l’amore per l’
American roots music lo aveva portato ad “aprire” i concerti di gente come Moody Waters, B.B. King e John Mayall.
Ad impreziosire ulteriormente un programma già pressoché perfetto arrivano le versioni
demo della divertente e incalzante “Sole, mare, cuore” e della trascinante “Vai vai”, due brani che non sono in pratica mai mancati durante le roventi esibizioni della
band, mentre “Officina” (anch’essa spesso eseguita dal vivo …), catturata in una
recording session del 1985 e ”Guerra triste” tratta da un
live di due anni prima, rappresentano verosimilmente le vere “chicche” della situazione, riproponendo, nel primo caso, l’inaudita potenza di cui è capace l’opificio livornese e, nel secondo, la sua innata carica evocativa e profonda, in un pezzo ispirato dal conflitto delle Falkland e “
… scritto contro le stragi del mondo …”.
Indiscutibilmente una pietra miliare della cosiddetta
NWOIHM, insomma, che avrebbe meritato un’esposizione capillare, ben oltre i confini nazionali … i tempi non erano “maturi” e le scelte linguistiche un limite e nella speranza (utopistica?) che nel terzo millennio la situazione sia diversa non mi rimane, per il giudizio finale, che avvalermi (per la prima volta, mi sa …) della votazione massima consentita …
A diventare più “internazionale” la Strana Officina ci proverà tre anni dopo con “Ritual” …