Un avvertimento, incauti visitatori: se avete abituato il vostro fine palato di metaller moderni a una nouvelle cuisine tutta avant-garde, raffinatezza e introspezione, qui non troverete pane per i vostri denti.
In questa spartana locanda vengono serviti piatti semplici, per avventori che non badano all’impiattamento, ma a cui interessano sostanza e sapore. Avventori che non si vergognano ad immergersi in un immaginario d’ingenuità guerresca da far invidia ai
Manowar. Vi basti pensare al moniker (
Conan), al titolo (
Blood Eagle), addirittura allo studio di registrazione (
Skyhammer, di proprietà del cantante e chitarrista
Jon Davis), ai titoli e alle lyrics dei brani, al suggestivo artwork di copertina… Insomma, a tutto!
La ricetta sonora attraverso cui saziare l’ascoltatore di suggestioni bellicose si risolve in un epic sludge doom roccioso come la Catena del Gran Sasso. Un doom che si bea della propria cruda purezza, che si specchia nella propria stentorea solennità, che esecra facili scappatoie quali orchestrazioni, tastiere e cori, immolandosi al sacro rombo delle chitarre elettriche (dotate di un suono saturo e possente all’inverosimile).
Sugli scudi anche la sezione ritmica, dotata di una profondità e di un groove notevolissimi, e il vocione del già citato
Jon, perfetto nella parte del guerriero che grida la propria cieca furia al cielo prima di lanciarsi all’attacco.
Così, i tre quarti d’ora di durata del platter filano via che è un piacere nonostante la pesantezza (nel senso buono) della proposta. Certo, in taluni frangenti la spasmodica ricerca del pathos conduce a soluzioni di sostanziale ripetitività (emblematiche la lunga opener
Crown Of Talons e la conclusiva
Altar Of Grief); tuttavia, la dinamicità di composizioni quali
Total Conquest o
Foehammer, così come il semplice quanto irresistibile riffing di
Gravity Chasm e
Horns for Teeth (mia favorita dell’album), tengono ben lontano lo spettro della noia.
Non sono sicuro che
Blood Eagle costituisca un passo avanti rispetto all’ottimo esordio
Monnos, da cui non fa granché per distaccarsi; quello di cui sono sicuro è che il trio di Liverpool è dotato di un sound in grado di far tremare i muri. Bene ha fatto la Napalm a puntare su di loro.
Piccoli barbari crescono.
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