Copertina 6,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2014
Durata:50 min.
Etichetta:AFM Records

Tracklist

  1. BLEED
  2. SHADOWS
  3. CALL TO ARMS
  4. REBORN
  5. LEAVING THE ROAD
  6. FAR TOO LONG
  7. BLACK DEATH
  8. STANDING TALL
  9. LONDON MOON
  10. BROKEN WINGS

Line up

  • Alex Schulz: bass
  • Frederik Ehmke: drums
  • Flo Laurin: guitars
  • Herbie Langhans: vocals
  • Marcus Siepen: guitars

Voto medio utenti

Il nuovo album dei tedeschi Sinbreed riprende da dove il precedente esordio When Words Collide ci aveva lasciato. In realtà Shadows (questo il titolo dell'ultimo nato) può riprendere e continuare da qualunque punto, tanto nessuno se ne accorgerebbe.
Il powerone "alla tedesca" dei nostri ha infatti pochi elementi essenziali ripetuti all'infinito: doppia cassa incessante "a elicottero" che fa da tappeto a semplici riff muscolosi a cui vengono aggiunti cori e melodie che "acchiappano".

Sicuramente una ricetta antica e collaudata che ha fatto la fortuna dei vari Grave Digger, Running Wild, Primal Fear, Persuader ma, dove questi chef aggiungevano l'ingrediente segreto per rendere il tutto più personale e appetitoso, i Sinbreed rimangono un po' sterili. Non che siano dei cattivi esecutori, ci mancherebbe altro, ma quando si ascoltano tre/quattro canzoni da questo Shadows, ci si esalta e si è già sazi. La spettacolare voce di Herbie Langhans (anche nei Beyond the Bridge, ex-Seventh Avenue) è ruvida, aggressiva e melodica il giusto per risultare un bell'incrocio tra Jorn Lande, Nils Patrik Johansson, Udo e Diego Valdez ma a differenza di Jorn, Astral Doors, Accept e Helker, la musica dei tedeschi non può contare su fantasia, phatos, egregi arrangiamenti o vincenti progressioni sonore. Nonostante l'uomo con la testa coi manici, ovvero Fredrik Emke (Blind Guardian), picchi con energia e regolarità, manca molto la fantasia, il "fuori programma", il passaggio da campione. Tutto sembra giocato sui ritornelli e sulle già citate capacità di Herbie. Forse la colpa principale è da attribuire al lavoro di chitarra del duo Laurin/Siepen (anche quest'ultimo nei Blind Guardian) che latita per fantasia, optando invece per suoni compressi, spesso ai limiti del thrash (sulla scia degli Iced Earth) e rinnegando quel guizzo che faccia ricordare una canzone piuttosto che un'altra. Non un mid tempo, nessun intermezzo acustico, non una costruzione differente, brani invece molto simili tra loro che ti puoi ritrovare a cantare in macchina ma, come già detto, a piccole dosi.
Spararsi tutto il disco diventa un po' noioso e tutta la potenza e l'aggressività arrembante che i nostri possono produrre si scontra alla lunga su un muro di indifferenza. Giusto nel finale, gli ultimi due pezzi, sono leggermente più articolati ma la noia a quel punto ha già vinto.

Se avessero differenziato un minimo la proposta, se avessero inserito un paio di brani anthemici, up tempo o che so io, staremmo a parlare di un discone. Purtroppo il lavoro va valutato nel complesso e non sento di esaltarmi più di tanto, "accontentandomi" così di un buon disco power.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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Inserito il 27 mar 2014 alle 15:06

quotidianità .....

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