"When we think Female Fronted Symphonic Metal and Gothic Metal, our minds automatically think of the Ethereal Diva’s such as Tarja Turunen (ex Nightwish), Floor Jansen (Nightwish) and Simone Simons (Epica) and each year the number of carbon copy artists increases. Perhaps it’s time for a change. Perhaps the change is right here with DARKYRA BLACK!"Così si presentano i
Darkyra Black, progetto primo dell'omonima cantante australiana. Ed è senza dubbio una presentazione di quelle toste, quelle che se ci hai preso sei un fenomeno e se non mantieni la parola data, beh..son pernacchie e insulti.
Dove si piazzano i Darkyra Black? Dopo qualche giorno di elucubrazioni, direi circa a 3/4 di un ipotetica scala tra "Nascondetevi sotto i sassi, ipocriti del cazzo" a "Avevate ragione voi", con una preponderanza per la seconda. Si perchè quello che ci propongono i nostri eroi è un gothic leggero e soave, etereo, dove il metal è solo un'ombra stagliata sullo sfondo, proiettato da luci soffuse e atmosfere orientaleggianti, che ben si adattano al concept presentato.
Un concept che gravita attorno alla figura di Madoka, una geisha della quale in "
Dragon Tears" viene presentata la tragica storia.
La voce di Darkyra si distacca effettivamente dalle celebrità sopracitate, eliminando quasi del tutto la componente operistica per concentrarsi su un approccio piuttosto teatrale. Non mi convince l'eccessivo uso del vibrato, ma per il resto si tratta di una voce intrigante e decisamente matura, che si adagia perfettamente sul sottobosco di chitarre (poche) e tastiere (tante) creato dai suoi compagni d'arme.
Non mancano comunque brani più "classici" del symphonic/gothic, in particolare la convincente "
Tears by Candlelight", ma tendenzialmente il disco si assesta su atmosfere più intimistiche, quasi da meditazione.
"
Dragon Tears" dei
Darkyra Black è quindi un lavoro che effettivamente prende un po' le distanze dal Symphonic alla Nightwish o Within Temptation e, pur non riuscendo a convincere del tutto sotto il punto di vista del songwriting, si rivela un album interessante e sicuramente meritevole di un ascolto.
Quoth the Raven, Nevermore..
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