Non ci posso fare nulla, a me l'ignoranza musicale in certi frangenti piace e pure tanto, e quando mi trovo di fronte a lavori come questo nuovo
Death Curse dei
Gravehill non posso che goderne, naturalmente essendo conscio che questi californiani non inventano nulla e che non saranno mai presi come paragone o come punto d'arrivo per nessuno.
Poco importa, la nostra musica non è fatta solo di tecnica ed evoluzione e accanto ad una pletora di infiniti imitatori di un gruppo o un'altro ci sono formazioni come i
Gravehill che non decidono a tavolino che genere proporre, semplicemente attaccano i loro strumenti, mettono gli ampli a palla e dopo essersi scolati qualche birra cominciano a suonare scatenando i loro istinti primordiali.
Sodom, Venom, Slayer, Autopsy, Dismember, Mayhem e un tocco punk grindeggiante di quello sporco alla
Repulsion, sembrano tutti convivere nei brani, dalla durata media di 4 minuti, di questa terza uscita sulla lunga distanza.
La putrida voce di
Mike "finezza"
Abominator risuona in tutta la sua malevola catarrosità variando da tosse grassa a secca e declamando maledizioni mortali, sangue, crocifissioni, mietitori e tutta quella serie di liriche poetiche che si sposano perfettamente con la truculenza musicale dei nostri. Va detto che, in barba alle ignobiltà uditive che ci propinano act come i
Debauchery, i
Gravehill pur esasperando gli stilemi del genere e risultando teneramente paciocconi, rimangono solidi esecutori di canzoni che funzionano e sanno come strapparti il culo dalla sedia.
Death Cusrse, At Hell's Command, Fear the Reaper sono pezzi da scapocciamento puro, che si uniscono ad altri come
Open Their Throats o
Black Blood Rising che sono maggiormente orientati sul lato doomeggiante/atmosferico piuttosto che sulla velocità. Questo nuovo disco si avvale di una produzione migliore di quella utilizzata per i due precedenti capitoli in studio, andando a colmare una pecca che li affliggeva.
Nessun tecnicismo, nessuna leccata, solo death, thrash e black uniti nella loro semplicità, prendere o lasciare. Ripeto, niente per cui strapparsi i capelli, solo 36 minuti di musica grezza ma coinvolgente, utile per distrarsi da album troppo seriosi che richiedono alta concentrazione o per staccare la spina dopo una pesante giornata lavorativa.
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