Prima cosa da dire iniziando la recensione di questo nuovo lavoro dei
Dynazty è:
i ragazzi son cresciuti. Già con
Sultans of Sin (2012) si era dimostrata una evoluzione nella band, ma qualcosa rimaneva ancora incompiuto. I giovani svedesi tornano dunque con una uscita discografica più convincente e assolutamente apprezzabile, quasi sorprendete. Prima di cominciare la discussione su
Renatus è doveroso inserire una dichiarazione del gruppo riguardo questo, a parer mio, miglioramento musicale:
Dopo quattro anni, tre album in studio e concerti in quasi tutti i continenti, ci siamo presi del tempo per capire dove volevamo che questa band arrivasse in futuro. Musica più pesante e veloce con grandi arrangiamenti costruiti intorno a melodie vocali sono gli ingredienti di questo disco: il primo con il nostro nuovo bassista, il primo prodotto da noi e il primo ad essere pubblicato da Spinefarm. Le novità non appartengono quindi solamente alla sfera stilistica, ma anche a ciò che riguarda alla line-up con l'ingresso del nuovo bassista
Jonathan Olsson. Con
Renatus i
Dynazty si spostano da quel melodic metal/hard-rock verso i lidi di un più pesante heavy di matrice classica. La melodia sta comunque al centro dell'obiettivo musicale degli svedesi, ma con un riffing più pesante, una sezione ritmica più aggressiva e, finalmente,
Nils Molin che accresce il proprio livello in maniera impressionante. Il songwriting risente in positivo di tutti questi cambiamenti, creando un album di livello sicuramente superiore rispetto ai precedenti. Già dall'inizio di
Renatus, con l'opener
Cross the Light, si parte senza freni con basso e batteria che picchiano duro, la chitarra che offre la giusta aggressività e
Nils Molin che fa capire subito di aver cambiato marcia. La prima canzone è già una delle migliori dell'album. Si passa subito al primo singolo estratto,
Starlight, pezzo rockeggiante, orecchiabile e pieno di energia per merito dell'intero combo scandinavo.
Dawn of Your Creation vede un bel riff pesante di chitarra introdurre la straordinaria prestazione di
Nils Molin, anche la sezione ritmica è sempre da lodare per precisione e impetuosità.
The Northern End è un altro brano potente e melodico allo stesso tempo con un chorus difficile da togliere dalla mente, si sprecano le lodi per
Nils Molin. Incarnation macina aggressività e bravura, non c'è un lato negativo da cogliere nella canzone.
Renatus è uno di quegli album che ti fanno alzare il volume durante l'ascolto, cosa sempre più rara relativamente alle release del classic heavy.
Run Amok parte anch'essa con grande vitalità, continuando con melodia e irruenza, sempre pregevoli sono gli assoli di chitarra e le trame intessute dalla sezione ritmica.
Unholy Deterrent è ancor più pesante, tratto che denota un definitivo cambiamento di rotta per i
Dynazty, una rottura rispetto al passato.
Sunrise in Hell prosegue la linea tracciata dalla precedente, con una sempre più che positiva prestazione di
Nils Molin.
Salvation, pezzo più lungo dell'album con i suoi sette e più minuti, mostra la maturità raggiunta dalla band, con una struttura ben delineata, linee vocali perfettamente disegnate ed interpretate oltre ad un bel chorus accattivante.
A Divine Comedy chiude il disco in modo dirompente, forse uno dei brani che richiamano alla lontana i vecchi
Dynazty.
La conclusione in calce a
Renatus è quasi ovvia. Disco imprescindibile per gli amanti dell'heavy classic, da ascoltare per il frequentatore del melodic, con un occhio di riguardo ai fans del combo svedese, sappiano che qui c'è un altro gruppo rispetto al passato, più maturo e metallico. Promossi a pieni voti.
Video di Starlight