L’ho già detto in più di un’occasione: il “problema” vero, nella palese
stagflazione del panorama musicale contemporaneo, non è tanto quello di proporre qualcosa di “assolutamente” originale, ormai un’autentica rarità in un contesto dove tutto pare già stato “detto” e “sperimentato”, ma tentare di fare proprie le idee di qualcun altro sviluppandole in maniera “soggettiva”, anche conservando il
trademark iniziale.
Prendete questi
Prime Target … nessuno potrà negare (nemmeno loro, per fortuna …) la grande ammirazione artistica nutrita per i Rammstein e tuttavia questo “Heartbeat” non può in nessun modo essere tacciato di eccessivo e fastidioso calligrafismo, in virtù di un’inclinazione interpretativa e compositiva capace di rimandare ai toni grotteschi, algidi e marziali dei campioni tedeschi, declinati, però, attraverso una visione abbastanza “temperamentale” e comunque mai sgradevolmente imitatoria.
Al risultato ha contribuito quasi certamente la notevole esperienza del gruppo (gente in “giro” già da “qualche” anno, forte di un ricco
curriculum che cita nomi importanti del calibro di Requiem, The Black, Unreal Terror, Rampage, Wotan, ecc. …) e una preparazione evidentemente ampia e variegata, che non trascura né il
thrash in saturazione dei Machine Head, né il
cyber-metal dei Fear Factory e né i terrosi trascorsi
doom-eschi, riservando, poi, un particolare interesse per gli orientamenti espressivi di natura
dark-gothic, dai capisaldi Sisters Of Mercy (se non addirittura qualche vago richiamo ai Simple Minds …), fino a epigoni autorevoli come Moonspell e 69 Eyes.
La voce di Ben Spinazzola, una suggestiva interpolazione tra spigolosità, enfasi, morbosità e passionalità, pilota con sicurezza e tensione
psico-emotiva un bel numero di pulsanti e viziosi frammenti sonori, da cui si stagliano le atmosfere torbide di “Nightwings”, le schizofrenie tenebrose di “The Inquisitor” e quelle
danzerecce di “Individualist”, senza dimenticare la voluttà della
title-track, l’istrionismo strisciante di “Honeytrap” e le lugubri languidezze di “Body entropy”.
Non male, in aggiunta, risultano le scansioni metalliche di “Action” e lo scabro velluto di "How many times”, mentre solo di rado la dipendenza dai modelli si avvicina pericolosamente alla “soglia di guardia” (“Totentanz”, “Ephemeral”), consegnando ai cultori del genere un gruppo in grado di far passare inosservate alcune debolezze di “personalità” grazie al talento, all’intelligenza, alla cultura (interessanti anche i testi, con scrittori come Robert Silverberg e Valerio Evangelisti fra gli ispiratori …) e alla vocazione.
Promossi.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?