IntroduzioneE' innegabile che sul nostro glorioso portale mi occupi prevalentemente, di "roba pesa" perché è quello che amo e che mi sa dare più soddisfazione. Ciò non toglie naturalmente che io ascolti con interesse altri tipi di metal ed abbia un passato da fan dei
Gamma Ray, quando ancora questa band riusciva a confezionare ottimi dischi e aveva davvero qualcosa da dire e da dare. Con questa premessa parrà chiaro che non sono tra quelli che hanno accolto favorevolmente le ultime uscite di
Kai e soci che, tra patetiche prove di ritorno al passato (
Land of the Free II) e tuffi nel vuoto musicale totale (
To The Metal) sono quasi 10 anni che non mi "stuzzicano l'appetito".
Dopo il maxi-EP dell'anno scorso, dopo che lo studio di registrazione dei
Gamma Ray (e di molte altre band) è andato purtroppo a fuoco con ingenti danni e gravi problemi, dopo mille mila anteprime al disco, dopo che zio
Kai ha scialacquato parte delle sue fortune per costruirsi una riserva naturale da appoggiarsi in testa che è convinto di chiamare capelli, dopo tutto questo si riscatteranno? Troveranno i nostri eroi le forze ma soprattutto le idee per tornare ad alti livelli? Quasi quasi, sì.
Con un disco che non può certo definirsi accattivante per artwork e presentazione (il risultato di una suora con la faccia su una fotocopiatrice?) devo constatare che, dopo lo scetticismo iniziale e un paio di ascolti che non mi hanno regalato grandi impressioni il disco è, in parte, decollato.
A fronte di un ottimo e coraggioso avvio con la lunga ed epica
Avalon reminescente dei capolavori di metà-fine anni '90, seguita dalla discreta
Hellbent,
Empire Of The Undead si insabbia in una buca di pezzi dozzinali e mal riusciti che minano seriamente la buona riuscita del lavoro. Canzoni davvero sterili e non ispirate come lo sforzato power di
Pale Rider (
Hansen canta come un
Dickinson su
El Dorado, tanto per capirci), la scialba e ripetitiva
Born to Fly, la pacchiana ballad
Time for Deliverance che incrocia addirittura i
Queen o il piatto mid tempo di
Demonseed, portano questo disco in una zona di non ritorno davvero pericolosa. A metà del platter vengono piazzate le due canzoni già uscite nel succitato EP, ormai passate per le orecchie di fan e detrattori, che già allora evidenziavano un pericoloso squilibrio tra brani discreti come
Master of Confusion e il suo heavy classico, e pezzi meno convincenti come la thrashy (chi ha detto
Overkill?
Fuck You!)
Time for Deliverance.
Fino a questo punto ammetto che avrei bocciato il disco senza appello. Potrà
Seven risollevare le sorti di un album che sta scivolando lentamente nell'oblio? I primi trenta secondi propendono per il no, mostrando una sezione di canzone sentita mille volte ma poi... Poi succede l'impensabile e
Gamma Ray si svegliano e tirano fuori ritornelli convincenti e ne esce una canzone energica e piacevole, orientata verso l'hard/heavy classico piuttosto che sul power, ma funziona bene e tanto ci basta.
Siamo alla resa dei conti. O la prossima è una grande canzone o i quattro tedeschi avranno fallito ancora. Ebbene signori,
I Wll Return è un pezzone come non se ne sentiva da anni. C'è il power (quello vero), c'è ispirazione, il ritornello funziona ed è coinvolgente, la parte centrale dedicata agli assoli è lunga ma non sterile. Insomma con questo colpo di coda i
Rays si portano a casa una sufficienza abbondante che fa ben sperare per il prosieguo della loro carriera e allontana in parte i fantasmi del recente passato.
In parte, perché il punto dolente, che in alcuni casi è la loro forza, è la varietà. Benissimo diversificare le canzoni per tenere alta l'attenzione e regalare un ascolto più appagante, a patto però che tutte siano all'altezza. L'edizione digipack contiene la bonus track
Built A World, brano hard 'n' heavy tranquillo ma ben strutturato che, se avesse sostituito
Time for Deliverance nell'uscita regolare, avrebbe fatto guadagnare a
Empire of the Undead ulteriore slancio accrescendone il valore.
Scivoloni come quelli presenti in questo disco non ce li si aspetterebbe da un gruppo navigato come loro ma, alla fine, mi sento di premiare questa ispirazione che a tratti ritorna, questo vecchio gruppo vincitore di tante battaglie che prova a rialzare la testa.
Niente di trascendentale o imperdibile ma, dopo tanto tempo, qualcosa si muove.