Howard Phillips Lovecraft.
Qualche metalhead con particolare dedizione alla causa (e un sacco di tempo da buttare nei rovi) potrebbe mettercisi d’impegno ed elaborare una tabella statistica che lo metta a confronto con altri mostri sacri quali
Tolkien e
Stoker.
Nell’attesa che ciò accada, non credo di sbagliare se piazzo il sommo scrittore di
Providence su un ipotetico podio degli autori più “ispiranti” per le band riconducibili alla nostra musica prediletta. In effetti, il suo immaginario zeppo di minacciose divinità ancestrali, follia serpeggiante e oscure dimensioni oniriche sembra creato apposta per gruppi come i
Puteraeon.
I quali, in barba all’originalità, hanno pensato bene di imperniare quasi interamente il loro bagaglio lirico e visivo (a proposito: molto suggestivo l’artwork del fidato
Christoffer Fredriksson) sugli scritti della penna che ha vergato, tra le altre, chicche letterarie del calibro di
L’Orrore di Dunwich e
Alle Montagne della Follia; non paghi, i Nostri hanno pensato bene di votarsi anima e corpo alla causa del più puro e putrido swedish death dei tempi andati, forgiando così un connubio di sicura affidabilità e impatto.
Così, quantomeno, era stato per le precedenti prove del quartetto scandinavo (il fulminante esordio
The Esoteric Order del 2008 e il solido
Cult Cthulhu del 2012). Il nuovo
The Crawling Chaos mantiene con fierezza le medesime coordinate stilistiche, pur ponendosi, a mio modesto avviso, un gradino sotto rispetto agli illustri predecessori.
Come mai?
Beh, se è pur vero che l’inconfondibile voce da cavernicolo afono di
Jonas Lindblood, le chitarre a sega elettrica, le atmosfere orrorifiche, il sound in perenne bilico tra
Entombed,
Dismember e
Grave, la sapiente alternanza di fasi in your face ad altre più rallentate e morbose sono rimaste, è altrettanto vero che in questa sede i medesimi ingredienti paiono talvolta insipidi.
Questione di songwriting, ahimè. Inattaccabile in occasione di brani come la title track o
The Oblivion Path, deliziosamente ancorate alla tradizione e annichilenti al punto giusto; meno incisivo in altri episodi, nei quali il riffing non sconquassa come dovrebbe e si percepisce mestiere più che ispirazione. Annovererei nell’ultima categoria la doppietta iniziale formata da
Wrath e
In Dreamdead Sleep, inaspettatamente blanda, e
The Abyssal, tanto “pestona” e ignorante quanto sorvolabile.
Ciò detto, non credo sia il caso di schiacciare il bottone del panico: i
Puteraeon sanno ancora il fatto loro, e non deluderanno gli estimatori nemmeno stavolta. D’altra parte, ritenendo pressoché impossibile qualsivoglia spinta evolutiva nel futuro della band (peraltro, penso sia giusto così), auspico quantomeno una maggiore illuminazione compositiva nei full lenght a venire.
Tirando le somme, ci troviamo tra le mani un buon platter, che non sempre entusiasma ma che può donare qualche ora di sanguinolento piacere ai fan del genere. Anche se, giusto per citare i primi due dischi usciti di recente che mi vengono in mente,
Raging Death degli
Entrails e
The Sea Grave dei
Graveyard erano di un altro livello…
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