Non me ne vogliate, ma a me i
Nocturnal Breed non riescono proprio a convincere. I dubbi nei loro riguardi li ho già espressi tutti recensendo
Fields of rot, e non sono assolutamente riusciti a scioglierli… Sono passati ben sette anni da quel disco, ma la proposta dei nostri non è mutata di una virgola, il che non è certo un problema, dal punto di vista stilistico, ma da quello qualitativo sì.
Thrash metal nel suo stadio più primordiale, sporcato a dovere da atmosfere black, che rendono il tutto molto più tetro e decadente. È vero che tutti i personaggi coinvolti nel gruppo, da sempre, hanno i loro impegni principali nelle rispettive band di appartenenza (
Gehenna,
Satyricon,
Dimmu Borgir,
Conjuration,
Svartalv,
Aeternus,
Nuctemeron,
Slogstorm,
Antikrist,
Aiwass,
Den Saakaldte,
Combath,
Einaugd,
Brain Death), ma è anche vero che se bisogna pubblicare un album giusto per, a questo punto è meglio lasciar perdere. Di passi avanti in questi sette anni ne sono stati fatti ben pochi. Se è vero che, come nel disco precedente, il lavoro di chitarra è abbastanza interessante, così come l’esecuzione di Tex Terror dietro le pelli, è proprio l’insieme a non entusiasmare più di tanto. I brani sono anche ben concepiti, ma non mordono, non ce n’è uno che più degli altri ti faccia sobbalzare dalla sedia durante l’ascolto, e sinceramente sopportare i dodici minuti e passa della titletrack è un vero supplizio.
Questo mischiare sonorità più strettamente thrash ad altre più black e alle immancabili influenze
Motorhead (“The bitch of buchenwald”, per citarne una) non colpisce più nessuno, ormai. Se all’epoca del loro primo disco, 1997, poteva risultare anche interessante un certo tipo di revival purista, da allora ad oggi sono usciti milioni di album di questo tipo, e ce ne sono sicuramente di più interessanti rispetto a questi dei Nocturnal Breed, a maggior ragione calcolando la caratura dei personaggi coinvolti nel progetto. Inoltre, come già sottolineato nella mia precedente recensione, la cosa che proprio non riesco a capire è il cantato di S.A. Destroyer, che non contento di martoriare i pezzi con una specie di scream ai limiti del black, oltre a scimmiottare Lemmy come già accennato, questa volta si cimenta anche col pulito, in pieno stile Udo Dirkschneider. Lascio a voi immaginare il risultato…
Insomma, niente di nuovo in casa Nocturnal Breed, niente che possa far cambiare la mia idea sul gruppo, niente che possa spingere voi a fare assolutamente vostro questo “Napalm nights”. Il consiglio è quello di rivolgere le proprie attenzioni altrove. Basta cercare, e anche poco, per trovare album decisamente migliori di questo, nello stesso ambito musicale… Il 6.5 di conferma è per non infierire, ma volendo quel mezzo punto può anche essere tolto…
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