La Fuzzorama Records è una delle principali promotrici del ritorno in auge di un certo tipo di
hard-rock classico, una realtà discografica “piccola”, competente e molto agguerrita, che soprattutto grazie ai Truckfighters sta mettendo a frutto una brillante attività iniziata nel lontano 2003, contribuendo, di fatto, a rendere la piccola città svedese di Örebro una sorta di “nuova Seattle”.
Stavolta, però, la label decide di giocare “fuori casa”, spostandosi fino a Cincinnati per “scovare” questi
Valley Of The Sun, un
power-trio che dimostra di saper attingere con arguzia alla tradizione
settantiana e di sapersi districare piuttosto bene tra le pieghe dello
stoner, un genere in cui “sperimentare” è “un’impresa” spesso poi nemmeno tanto gradita dai suoi tanti estimatori.
Kyuss, Hermano, My Sister's Machine, House of Broken Promises, Soundgarden e The Quill sono i primi nomi che affiorano alla mente durante l’ascolto di “Electric talons of the thunderhawk”, un disco di notevole fervore e forza comunicativa, in grado di soddisfare “bisogni primari” del settore quali calore intenso, pulsazioni elettriche e vapori lisergici, il tutto coordinato da un “carattere” melodico piuttosto efficiente.
In tale contesto, Ryan Ferrier appare come il vero epicentro della band: cantante dalla vibrante timbrica Cornell-
iana e vorticoso chitarrista con la foto dell’Homme che fu sul comodino, il nostro domina, ben assecondato da una potente sezione ritmica, un programma capace di unire interpretazione e composizione, forte d’idee chiare e dei mezzi necessari per realizzarle.
Ascoltare il
blues palustre e catartico di “Worn teeth” e di “Nomads”, le bordate
desertiche di “As earth and moon”, "Within the glare”, “The message is get down” e della viscerale "Gunslinger”, ma anche il pizzico di maggiore “affabilità” concessa a “Maya”, nonchè le ipnotiche liturgie acustiche di "Laser vision intermission”, vi condurrà esattamente dove agognate andare se amate questi suoni … un universo fatto di
groove valvolare, luci accecanti, “strane” esalazioni, sudore, visioni caleidoscopiche e dosi massicce di stordimento emotivo.
Plauso particolare, poi, a “The sleeping sand” e, soprattutto, all’avvincente "Centaur rodeo”, in cui lo spirito più tipicamente
hard-rock sembra avere il sopravvento, rielaborato con gusto, densità espressiva e attitudine.
In sede di commento finale aggiungo l’impressione che per ambire veramente alla sfida per il “trono” di categoria, ai Valley Of The Sun manchi ancora qualcosa in fatto d’incisività e intraprendenza …
quisquilie da debutto (sulla lunga distanza), probabilmente …
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