Il fascino del Male non lo scopro certo io. Nelle sue multiformi declinazioni, il Lato Oscuro ha attratto e continuerà ad attrarre a sé innumerevoli individui, non foss’altro per il fatto che l’antagonista è sempre più interessante dell’eroe.
Circoscrivendo il campo d’indagine alla simpatia che il nostro caro amico Satana può ingenerare, appare lecito rintracciare alcuni approcci filosofici ben distinti: ci sono i superficiali, che inneggiano al Maligno tanto per fare i fighi, senza tuttavia palesare particolari conoscenze in campo occulto o appartenenze a ordini o sette. Citerei poi i criptici, i quali magari si professano atei, si fingono disinteressati eppure lasciano trapelare in modo più o meno implicito che qualche legame col Signore degli Inferi ce l’hanno eccome. Continuo la carrellata con gli illuministi, che non credono realmente in Belzebù ma ne utilizzano la figura a scopo metaforico, rendendola simbolo di ribellione contro ignoranza, ipocrisia e moralismo.
Ultimi ma non meno importanti gli Ultras del Demonio: sospinti da una fede apparentemente incrollabile, mossi dall’unico scopo di diffondere il Suo verbo, iniziati a chissà quali riti segreti e maestri di ordini dai nomi pomposi.
Ebbene, non v’è dubbio che i francesi
Malhkebre vadano inseriti nell’ultima sotto-categoria. Loro stessi ci tengono ad informare l’umanità che fanno parte dell’organizzazione denominata Gli Apostoli dell’Ignominia, a mostrarsi ignudi e lordi di sangue nelle foto promozionali, a specificare che nella loro musica non c’è posto per satanismo bucolico, foreste innevate e lupi: nel full d’esordio, intitolato
Revelation, trova spazio solo una totale glorificazione del Vecchio Nick (aiuto, sto finendo gli appellativi del Diavolo!).
Tutto ciò mi potrebbe anche andar bene, ma… se poi la trasposizione in note di cotanta devozione non fosse tutto sto granché?
Temo costituirebbe un problema non da poco, visto che in fondo parliamo pur sempre di un gruppo musicale. Un gruppo black metal che vive di dissonanze e contorte accelerazioni, che alterna brani convulsi (eppur lucidissimi nella loro ricerca di un feeling macabro e surreale) a brevi tracce di natura ambient fatte di campane, ossa segate, strilli, declamazioni e quant’altro.
Su questo tappeto sonoro vengono incastrate le deliranti vocals di
Eklezjas'Tik Berzerk, intento a destreggiarsi tra lyrics in latino, inglese e francese.
Purtroppo le note dolenti non mancano: la performance canora, per quanto istrionica, risulta spesso forzata e grottesca (alcune parti recitate potrebbero addirittura strapparvi un sorriso), così come definirei dispersive molte delle composizioni, afflitte da una evidente carenza di concisione e focus compositivo. In
Revelation la non linearità dei brani, che nel genere in esame costituisce spesso un pregio, finisce invece per irretire l’ascoltatore, anche a causa di sezioni spesso somiglianti e poco ispirate nel riffing.
Ciò conduce a un dato che dovrebbe preoccupare: dopo quattro ascolti attenti dell’album, fatico ancora a rimembrare passaggi davvero memorabili o canzoni più riuscite di altre.
Peccato. Le potenzialità ci sarebbero, e trovo commendevole la dedizione dimostrata dai Nostri alla causa di Lucifero (alla cui esistenza non ho mai creduto, ma che ha in ogni caso ha tutta la mia stima); nondimeno se fossi in Lui, e decidessi d’interessarmi al black transalpino, skipperei i
Malhkebre e mi getterei piuttosto su
Peste Noire,
Merrimack e
Deathspell Omega.
Ma chissà che gusti musicali avrà mai Satana; magari adora
Biagio Antonacci...