I
Neptune calcano la scena death italiana già da un po' di anni. Il combo veronese è arrivato ora alla sua seconda fatica, intitolata
Prelude to Nothing, dopo il buon
Act of Supremacy e gli apprezzabili demo
Synthbreed e
Perfection and Failure. Il genere proposto dalla band è di chiara ispirazione scandinava, richiamando mostri sacri del melodic death quali
In Flames e
Dark Tranquillity. Questo nuovo album arriva ora per Punishment18, nonostante fosse stato precedentemente autoprodotto, e la curiosità del sottoscritto verso questo lavoro è molta, soprattutto per sapere se i ragazzi hanno saputo confermarsi od addirittura migliorarsi.
Undici pezzi tosti e ben strutturati compongono
Prelude to Nothing, la cui opener è
Leaving the Organic Age. Un'intro acustica, che riporta ai bei periodi del gruppo di Anders Fridén, apre quindi l'ascolto del disco. Con la seguente
Of Courage and Honor i
Neptune iniziano a martellare nel loro classico stile, con la voce di
Mattia Nidini protagonista, avvicinabile alla scuola di
Bjorn Strid dei
Soilwork. La parte musicale è senza dubbio espressione del melodic death scandinavo, marcata da riff veloci e pesanti, ma allo stesso tempo melodici. La conferma arriva con
Lost in a Lie, una delle migliori del disco, aggressività, grinta e grande capacità di esecuzione sono da sempre marchio di fabbrica del gruppo veronese.
Extinction cattura sin dalle prime note grazie alla notevole interpretazione del vocalist, che, se possibile, ha perfezionato il proprio stile rendendolo ancor più personale. In questo pezzo vanno inoltre sottolineate la precisione della sezione ritmica e le accurate parti di chitarra.
Last Silent Riot è scatenata e più oscura rispetto alle track proposte sino ad ora. Lo sfumare del pezzo precedente porta a
Renaissance, brano segnato dalle pregevoli linee di chitarra e dal chorus ben studiato, tipico del melodic death; da mettere in risalto è anche la prestazione del drummer
Corrado Zoccatelli. La successiva
Rampage of Vengeance ripercorre ancora in modo sapiente le strade dell'ispirazione scandinava, così come nella ottava track,
In Collision, dove ritmi serrati si alternano ad un chorus melodico creando ancora quella tipica atmosfera da swedish melodic death.
Drifting continua a martellare l'orecchio dell'ascoltatore senza sosta, con voce pulita e growl che si sovrappongono e si fondono in un bell'intreccio. Da apprezzare anche qui le chitarre di
Claudio Giacometti e
Mattia Filippi sia per le ritmiche che per le melodie.
Future Deliverance ricorda in parte gli
In Flames della scorsa decade, mentre
Healthy Downgrave, ultima canzone di
Prelude to Nothing, si distingue per il ritmo sostenuto ed una ulteriore prova di forza del vocalist.
Questo nuovo capitolo della discografia dei
Neptune conferma tutto quello che si era potuto apprezzare nelle uscite precedenti. Buon songwriting e grande tecnica sono sempre presenti, forse in questo disco la band ha puntato più sull'aggressività che sulla melodia, creando un bel album aggressivo e senza tanti fronzoli. La personalità è indiscussa, lo stile è oramai delineato, manca solo quel piccolo passo per arrivare alla gloria. Chissà che questo non sia dietro l'angolo...
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