Copertina 6

Info

Anno di uscita:2004
Durata:22 min.
Etichetta:The Music Cartel
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. HITCH HIKER
  2. GTO
  3. THROW DOWN
  4. LEATHER BOOTS
  5. ALCOHOG
  6. TWO

Line up

  • Ed Sebastian: vocals
  • Chas Banellis: guitar
  • Steve Seabury: bass
  • Dave Ardolina: drums

Voto medio utenti

Ennesima formazione “dirty heavy rock” della nuova infornata Americana che esce allo scoperto, nella scia dei vari Iron Boss, Canyon Creep, Throttlerod, Roadsaw, Camarosmith, Sasquatch, e così via.
I Dirty Rig si segnalano per una presentazione molto essenziale e misurata, infatti esordiscono con un lavoro di breve durata, in pratica un mini-cd, rimpolpato però da un dischetto bonus con tre video della band in concerto. Anche il loro stile rispecchia un’animo spartano, diretto e senza fronzoli, un tiro ruvido ed energico che bada al sodo com’è consuetudine di queste giovani leve del rock Statunitense.
Dal debutto si ricava comunque la sensazione che la band non abbia ancora le idee del tutto chiare su ciò che vuol diventare, il quartetto ha infatti concentrato nel breve spazio a disposizione le influenze più disparate, offrendo immagine sfocata ed un po’confusa della propria linea musicale.
Spiazzante la disinvoltura con la quale si accostano potenti riffoni hard’n’heavy (“Hitch hiker”) e granulosi rockblues di ultima generazione alla Puny Human (“Leather boots”), che indicherebbero la strada dei neo-rockers tra classicità hard ed innovazione stoner, con episodi dalla particolare orecchiabilità boogie-southern (“Throw down, Alcohog”) puntando magari ad un pubblico più eterogeneo ed easy-listening, per arrivare nel finale a toccare pesanti punte metalliche sfiorando quasi le implacabili cadenze nu-metal (“Two”) con tanto di urla selvagge e drumming tellurico.
Non è certo la varietà che difetta ai Dirty Rig casomai l’equilibrio ed il bilanciamento della proposta, in questo caso ancora troppo altalenante.
Sia chiaro che le canzoni non sono male, anche se nulla di trascendentale, ma corrono il forte rischio di soddisfare l’ascoltatore per un verso e lasciarlo alquanto perplesso dall’altro. Per quest’uscita atipica di The Music Cartel è quantomai d’obbligo il consiglio di un ascolto preventivo, se possibile, perfino per gli inossidabili completisti del settore. I Dirty Rig li attendiamo invece in prove più sostanziose, quando avranno eliminato le loro contraddizioni stilistiche.

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