Copertina 5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:27 min.
Etichetta:Self-released

Tracklist

  1. DARK DESCENT
  2. IN CONSTANT SHADOWS
  3. SACRED SMOKE
  4. CALL OF THE MAMMOTH
  5. EULOGY

Line up

  • Paul Dudziak : guitar/vocals/bass (studio)
  • Mitch Meidinger : drums
  • Alex Bateman : bass

Voto medio utenti

Mammoth Salmon giungono all’agognato debutto con un album che è a metà tra l’ennesimo Ep e il full lenght vero e proprio visto che si tratta di soli cinque pezzi per una durata complessiva di 27 minuti … Che la band proveniente dall’Oregon avesse voglia di farsi conoscere dal grande pubblico non ci sono dubbi, ma sinceramente non ho capito perché affrettare i tempi e voler per forza “ingolfare” il mercato con del materiale piuttosto scadente, datato (l’ Ep in effetti è disponibile già dallo scorso anno sul bandcamp del gruppo), poco ispirato e assolutamente soprassedibile. Dispiace dover utilizzare tanti termini negativi tutti insieme ma “Call Of The Mammoth” è un album (?) inutile , senza il quale, chiunque ami le sonorità più lente e rituali, ben coperte da una “strana” coltre di nebbia “fumosa” , avrà comunque di che cibarsi. Va benissimo suonare lenti e claustrofobici ma la sensazione che lasciano i cinque brani è che si sia scelto di andare piano più che altro per allungare un po’ i pezzi più che per esprimere chissà quale disagio o accompagnare l’ascoltatore in un viaggio ultraterreno. Un pezzo come l’opener “Dark Descend” ci fa capire che ti troveremo di fronte a qualcosa di straziante e portare a termine l’ascolto risulterà uno sforzo non indifferente e di alto professionismo … Un po’ meglio “Sacred Smoke” dove sarà per il tema profondissimo toccato in sede di lyrics, i Mammoth cercano di essere almeno buoni fedeli, suonando un riffetto semplice, orecchiabile e ripetuto all’infinito accompagnato da una sezione ritmica leggermente più sostenuta. In questo piattume e marasma generale si salva solo la voce, non perché sia chissà quale rara bellezza, ma semplicemente perché si limita a restare nei canoni del genere cercando di non fare più danni di quanti non ne abbia già fatto la band in sede di composizione. Per me è inutile andare avanti ad “insultare” dei ragazzi che sicuramente mettono tutto loro stessi in quello che fanno, ma attitudine, onestà e voglia di fare a parte, non c’è molto altro da salvare in questo lavoro che , incredibilmente, almeno per il sottoscritto, è stato ben ricevuto soprattutto oltreoceano. Se siete degli inguaribili collezionisti non ve lo lascerete scappare, ma vi sfido ad ascoltare “Call Of The Mammoth” per più di due volte, se invece siete “solo” degli appassionati del genere avrete già capito che per voi c’è di meglio in giro … rimandati.

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