Secondo lavoro per i nostri
Blue Dawn, seguito del debutto omonimo di un paio d’anni fa. Come dissi allora, si tratta di una formazione che riesce a fondere l’immediatezza dell’hard rock più classico, trame progressive, atmosfere melodicamente evocative, ed altre colorazioni stilistiche di buona fattura ed efficacia.
Rispetto al primo album, c’è stato un avvicendamento alla chitarra con l’ingresso dell’esperto Luigi Milanese, ma anche una crescita compositiva che si estrinseca in brani ancora più corposi ed articolati. Sempre sugli scudi la sezione ritmica, con l’imponente basso di Lanciaprima ad aprire una coppia di gioiellini quali “Naked soul” e “Cycle of pain”, mentre le impennate solistiche del nuovo entrato aggiungono sapori rock in “The powers that be” e nella marziale “Contempt”.
Interessanti i contributi degli ospiti: alle tastiere James M. Jason (Gothic) ed al sax il jazzista Roberto Trabona. Piccoli inserti con i quali allargare lo spettro delle sonorità del disco. Sovente le canzoni alternano ritmi solidi con passaggi rallentati e quasi onirici, vedi “The one to blame” o la strumentale “Red sun”, mentre le parti vocali sono appannaggio di Monica Santo, che sempre più mi evoca una Jex Thoth con un tocco “vintage” alla Grace Slick (vabbè…all’incirca!...nda). Da citare ancora la cover dei Roxy Music, “In every dream home a heartache”, che conferma l’impostazione da fumoso piano-bar tipica dello storico gruppo di Brian Ferry.
Altra prova positiva per i Blue Dawn, da consigliare agli amanti del rock eclettico, variegato e con un pizzico di eleganza.
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