Ci sono album che vanno sentiti e risentiti mille volte prima di essere compresi appieno, fattore che complica non poco la vita di un povero recensore, costretto a dare il proprio parere dopo pochi ascolti. Esistono poi altri album che facilitano questa tremenda vita, per i quali basta un ascolto ed è tutto dannatamente chiaro.
"
The Golden Age of Glitter" degli americani
Sweet Apple è, per mia fortuna, facente parte di questa seconda categoria.
Perchè? Ma perchè i 5 rockers d'oltreoceano, carichi di esperienza (il chitarrista
J Mascis è considerato universalmente uno dei migliori chitarristi del mondo) fin sopra ai capelli, sfornano un album immediato, un garage rock figlio degli anni '70 arricchito da sonorità moderne affini a Foo Fighters e addirittura richiami ai Queens of the Stone Age in alcuni frangenti, grazie anche alla voce di Mark Lanegan su un paio di brani.
E i brani del disco in questione scorrono piacevoli e si lasciano canticchiare fin da subito, figli di ritornelli catchy che più catchy non si può come su "
Another Skyline Desert" o "
Troubled Sleep". E' un vero piacere rimanere mellifluamente attaccati alle cuffie ascoltando ""
Boys in Her Fanclub" o la successiva "
Let's Take the Same Plane", per staccare da una giornata di merda o per lasciare un po' da una parte il sordido metal che solitamente accompagna le nostre giornate di neri figli del demonio.
Un ascolto per domarli, due ascolti per apprezzarli, tre ascolti per perdersi nell'era dorata del glitter e riemergerne solo una quarantina di minuti dopo. "
The Golden Age of Glitter" degli
Sweet Apple è uno di quegli album che non farà la storia del rock ma che si fisserà indelebilmente nelle nostre teste per un bel po'. E dici poco.
Quoth the Raven, Nevermore..
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