Per i molti appassionati dell’
hard melodico, il 2014 “rischia” di rivelarsi un anno davvero “da ricordare”, grazie ad un “consuntivo” già di eccellente livello (H.E.A.T., Magnum, Three Lions, Overland, ecc., un evento eccezionale come il Frontiers Rock Festival, …) e un “preventivo” (un nome per tutti … Night Ranger …) che non dovrebbe mancare di accrescere ulteriormente la soddisfazione degli
chic-rockers.
A consolidare il succitato bilancio arriva anche il terzo albo dei
Brother Firetribe, il gruppo con cui Pekka Ansio Heino dei Leverage ed Emppu Vuorinen dei Nightwish danno sfogo a tutta la loro passione per l’
AOR e il
pomp rock.
Detto così potrebbe sembrare che nutra un pizzico di “prevenzione” nei confronti di questa sorta di progetto parallelo di musicisti (soprattutto Vuorinen …) che presumibilmente hanno impegni in settori più “remunerativi” del
music business ed in effetti … è proprio così, anche perché rilevo da sempre nella loro
performance artistica una scrittura fin troppo “scientifica” nel ricalcare perfettamente tutti i dogmi del genere.
Il “problema” è che poi, in maniera analoga a “False metal” e a “Heart full of fire”, svincolandosi da queste paranoie da “critico musicale” (si fa per dire, ovviamente …), anche “Diamond in the firepit” è un disco che non smetteresti mai di ascoltare, pieno di brani ruffianissimi e contagiosi, che s’insidiano stabilmente nella corteccia cerebrale e che non si riescono facilmente a scacciare o rimpiazzare.
Pertanto, se siete
fans della scuola scandinava di genere e, di conseguenza, erano più di cinque anni che attendevate il loro ritorno, consegnatevi con fiducia alla nuova collezione di perle melodiche confezionate dai finlandesi, zeppe di
cliché eppure francamente irresistibili.
E allora sotto con questa nuova (o quasi, … “Winner takes it all” è una brillante
cover di Sammy Hagar e “Tired of dreaming” era già stata apprezzata nel lavoro eponimo targato The Magnificent) parata di gemme sonore provenienti dallo stesso forziere che ha fatto la fortuna di “gente” come Da Vinci, Skagarack, Bad Habit, Europe e Treat, arrangiate con gusto sopraffino, copiosamente irrorate di tastiere, innervate da chitarre al tempo stesso grintose e accattivanti e grondanti di quelle linee vocali armoniose e pastose che tanto indispettiscono i detrattori.
E’ molto difficile operare delle selezioni o stilare classifiche di merito … da “Love's not enough” a “Close to the bone”, passando per il seducente singolo “For better or for worse”, per i romanticismi di “Desperately” e della sontuosa “Trail of tears”, senza dimenticare il fascinoso
mid-tempo notturno “Hanging by a thread”, le pause sono davvero sporadiche e trascurabili (forse solo “Edge of forever”, pur assai “infettiva”, è uno zinzino troppo
kitsch), e con la sua magniloquenza e la sua benefica aura di positività, la
track-list vi farà realmente immaginare che siano ancora gli anni
dell’edonismo reaganiano, invece che quelli della
crisi globale.
Probabilmente non sarà il disco più “spontaneo” dell’universo, e nemmeno un fulgido esempio di “originalità”, ma i Brother Firetribe sono talmente bravi, scaltri e preparati da riuscire a far passare (quasi del tutto) inosservati questi aspetti … e scusate se è poco. Da avere.
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