Mi sentivo pronto a stroncare questo disco, lo ammetto. Pur essendo sempre stato uno strenuo sostenitore degli olandesi God Dethroned, una fra le poche band a non aver mai sbagliato un disco nell'arco della propria carriera, l'ascolto di "The Lair Of The White Worm" (titolo tratto da un racconto di Bram Stoker) mi aveva lasciato con un retrogusto amaro in bocca. Dov'era finita la band autrice di ottimi lavori come "Bloody Blasphemies" o "Into The Lungs Of Hell"? Dov'era finito il quintetto capace di rimettere in gioco il proprio sound, mutando release senza release pur senza tradire le proprie origini? Queste erano le domande che mi ponevo nel corso dei primi, deludenti, ascolti di questo disco. Eppure, giorno dopo giorno, "The Lair Of The White Worm" è riuscito a farsi beffe di me, aggirando le barriere innalzate dalla mia parte razionale ed infilandosi direttamente nel subconscio grazie a refrain ruffiani e ad un riffing dannatamente memorizzabile. Ora come ora, non passa giornata senza che io ascolti almeno un paio di brani da un lavoro che stento a riconoscere come buono, ma che non riesco a togliere dallo stereo. Merito soprattutto della cura maniacale che la death metal band dei paesi bassi ha profuso nell'arrangiamento e nella composizione delle numerose melodie del disco, vero punto di forza della seconda parte della discografia "made in God Dethroned". Buona anche la performance dei nuovi arrivati, chitarrista e bassista, in grado di innalzare ulteriormente il già soddisfacente livello tecnico del gruppo. Peccato che spesso la band vada alla ricerca della quadratura del cerchio, cercando di far convivere nello stesso brano anfetaminiche sfuriate a metà fra il black ed il death con melodie malinconiche, a volte dal gusto quasi da ballad (!). Di certo non è la prima volta che la formazione si cimenta in tali esperimenti, che anzi hanno caratterizzato buon parte della loro produzione più recente, eppure sembra che in questa occasione sia venuto meno quel gusto che aveva sempre permesso l'amalgama di due atmosfere così differenti. Detto questo, non si può negare la validità di alcuni brani, in primis l'autocelebrativa "Loyal To The Crown Of God Dethroned", la convincente "Sigma Enigma" o "Rusty Nails", molto vicina alle atmosfere quasi epiche del precedente "Into The Lungs Of Hell". In sostanza, è la grande versalità musicale dei God Dethroned a salvare e rendere interessante un disco poco ispirato, ma di certo non sgradevole da ascoltare. Se fosse uscito qualche anno fa questo album sarebbe stato destinato al dimenticatoio nel giro di pochi mesi; al giorno d'oggi, invece, considerata l'ormai cronica carenza di buon materiale sul mercato, un disco come "The Lair Of The White Worms" riesce a distinguersi dalla media delle uscite mensili, rimanendo consigliato ai fan del genere. Un lavoro di maniera, ma decisamente godibile.
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