E’ con ancora ben vivida nella memoria (e nel cuore …) la loro favolosa
performance al Frontiers Rock Festival, che mi appresto ad ascoltare “High road” dei
Night Ranger e forse sarà anche per questa ragione che stavolta non provo la consueta “ansia” nell’affrontare il nuovo lavoro di uno dei miei “miti” assoluti della musica,
sicuro che non potrò essere deluso.
Ad una manifestazione così importante di fiducia contribuisce ovviamente anche l’illustre precedente “Somewhere in California”, ma non vi nascondo che la “serenità” si è tramutata ben presto in una forma di entusiasmo incontenibile per un disco che supera anche le più rosee aspettative.
La stessa energia con cui i “ragazzi” californiani hanno contagiato ed estasiato la platea del Live Club di Trezzo la ritroviamo nel contenuto di un
Cd che coniuga l’esperienza e la perizia tecnica di un “veterano” con l’urgenza espressiva di un “emergente”, inondando di freschezza e di tensione emotiva una scena, quella del
rock melodico, in eccellenti condizioni di salute e tuttavia talvolta leggermente “prevedibile”.
Ebbene, non sarà facile, nemmeno nella situazione favorevole creata dal ritorno in auge di questi suoni, trovare un
guitar-work più compatto e incisivo di quello edificato da Brad Gillis e Joel Hoekstra, architetture vocali più intense e armoniche di quelle erette da Jack Blades e Kelly Keagy o una sinergia tra strumenti eguagliabile a quella esposta in “High road”.
Su tutto, poi, s’impone con titanica autorità una vivacità compositiva davvero scintillante, in grado di non snaturare il
trademark del gruppo senza per questo limitarsi ad una sua “stanca” riproposizione.
Il termine adeguato per illustrare l’intera situazione è probabilmente “classe”, di un tipo raro e sgargiante, impossibile da “simulare”, un attributo in realtà da sempre parte integrante del nobile
DNA dei Night Ranger e oggi talmente schiacciante da ricordare i momenti maggiormente prestigiosi del loro
glorioso passato.
Non è il caso, però, di cadere nella “trappola” dei paragoni “nostalgici”, per loro stessa natura ingannevoli e spesso ingenerosi … l’unica operazione sensata da intraprendere è godersi, senza troppe fisime, gli orizzonti sconfinati e spigliati della
title-track, il graffio di “Knock, knock never stop”, con le sue suggestive vibrazioni di marca The Who, o ancora l’
anthemica fisicità di “Rollin' over”, una sorta di Aerosmith
meets Chickenfoot di notevole efficacia.
Con Kelly Keagy al microfono, tocca alla deliziosa ballata Bad Company-
esque “Don't live here anymore” e alla languida “Only for you only” affascinare irrimediabilmente gli animi sensibili, pronti ad accogliere con grande soddisfazione pure la linea armonica accattivante di “I'm coming home”, mentre alla
verve levigata di “X generation”, “Hang over” (è ancora il
Bombardiere di Boston – con il quale Blades ha direttamente collaborato, peraltro - ad offrire un plausibile riferimento, assieme a “certi”
Dannati Americani) e dell’ombrosa “St. Bartholomew” (il
refrain, nondimeno, è una vera
chic-eria …) è affidato il compito di scuotere i sensi dei
melomani con pertinenti iniezioni di virile intensità sonica.
Dacché si tratta di un albo da gustare dal primo all’ultimo solco, altri sontuosi palpiti emotivi li riservano “Brothers”, sapiente digressione nell’aristocratico verbo Beatles-
iano (alla maniera dei migliori Shaw-Blades) e “L.A. no name” una contesa acustica tra Gillis e Hoekstra priva di sconfitti (forse solo l’
ego di qualche aspirante
shredder …) ed ennesima testimonianza di una suprema simbiosi tecnico-espressiva.
“High road” dimostra che il ciclo creativo dei Night Ranger procede spedito senza flessioni, confermandoli nel ruolo di splendidi
habitué delle
Top Playlist annuali. Maestri.