Di solito non guardo con grande speranza ai side project delle band affermate, perché spesso si rivelano unicamente un modo educato per spillare quattrini a schiere di appassionati fedeli. Non sono molti quindi i progetti a meritare la giusta attenzione, ma tra questi possiamo senza dubbio annoverare i The Tangent, l'ensamble nato dalla collaborazione tra gli inglesi Parallel Or 90 Degrees e gli svedesi Flower Kings, che già lo scorso anno avevano dato alle stampe il pregevole debut “The Music That Died Alone”. I Tangent ci propongono ora il secondo capitolo della loro esperienza, “The World That We Drive Through”, cinque lunghe track di progressive rock di grande raffinatezza, ricco di sfumature jazz. Rispetto al precedente disco non fa più parte della band David Jackson, ma a colmare questo vuoto c'è un musicista di tutto rispetto: la grande classe di Theo Travis nel suonare il sax e il flauto è certamente una delle note più liete di questo album! Come ci si aspetterebbe da nomi di questo calibro, ogni aspetto è curato alla perfezione: una produzione pressoché perfetta, arrangiamenti semplicemente splendidi, assoli che non si rivelano semplici esercizi di stile, ma che si integrano alla perfezione nella trama delle varie composizioni. Le sonorità incorporate nel sound della band sono davvero numerose, e ciò permette ai sette musicisti di dar vita ad una grande varietà di atmosfere, che spaziano dal progressive tipicamente settantiano al pop, incorporando passaggi psichedelici e piacevoli armonie acustiche. Quello che forse manca ai The Tangent è un cantante di primo piano, ma l'alternarsi di Roine Stolt e Guy Manning (oltre che dello stesso Andy Tillison, mastermind del progetto) offre una certa freschezza alle canzoni. Di certo non siamo di fronte ad un disco immediato, ma di un album complesso e ricco di particolari: vi basteranno comunque un po' di ascolti per apprezzare davvero “The World That We Drive Through”... ne vale la pena, ve lo assicuro!
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