Estimatori dell’
hard-rock britannico, di quello strettamente imparentato con
rhythm n’ blues e
soul, procuratevi immediatamente una copia di questo “Into the fire”, un lavoro davvero appassionante per chi è solito coccolare i suoi sensi attraverso taumaturgiche dosi di Foreigner, Bad Company, FM, Deep Purple e Thunder.
Immagino che la presenza contemporanea di Robert Hart (Bad Company, Manfred Man Earth Band, The Distance, The Company of Snakes…), Jim Kirkpatrick (FM), Jimmy Copley (Paul Rogers, Manfred Man Earth Band, Go West) e Pat Davey (Seven), sia una garanzia “leggermente” più affidabile della mia
esortazione iniziale, ma dacché talvolta non sono sufficienti
curricula importanti per ottenere rilevanti risultati artistici, vi prego di credere che questi
Diesel non assomigliano per nulla a un “supergruppo” svogliato e superficiale.
Sebbene sia obiettivamente difficile, per una voce straordinaria come quella di Hart, non “toccare” i centri emozionali dell’ascoltatore appassionato, a convincere pienamente è un po’ tutta l’impalcatura musicale dell’opera, in cui un
songwriting “classico” e tuttavia non banale, un notevole affiatamento esecutivo e una vitalità espressiva piuttosto evidente e contagiosa si combinano in maniera veramente ottimale, andando così a integrare gli effetti prodigiosi di un’arte fonatoria di enorme valore e distinzione.
Tra vivaci squarci colorati di
rosso porpora (“Love under cover”, "Bitter & twisted”, ”Told you so”), ardenti miscele
hard-blues dalle melodie seducenti ed incisive (“Into the fire”, "Fortune favours the brave”, “What you see ain’t what you get”), vibranti incroci tra Thin Lizzy e The Law (“Brand new day”, ”Let’s take the long way home”) e atmosfere
adulte e vellutate (la Bolton-
iana “Starting over”, l’irresistibile elettricità soffusa di “So what is love” e “Coming home”, non lontana da certi Bad English), il programma scorre un sussulto dopo l’altro, relegando nelle retrovie dell’apprezzamento soltanto un tentativo di
ruffianeria ottantiana (“Skin & bone”) vagamente forzato e non del tutto efficace.
In conclusione, l’unica critica che mi sento di muovere a questi raffinati e intensi
blues-breakers … “ragazzi”, una denominazione un po' più attraente e originale non potevate trovarla?
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