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Black Propaganda hanno fatto irruzione nella scena italiana appena tre anni fa con il debut album omonimo, e già allora avevo avuto modo di tesserne le lodi, vista la professionalità con la quale si presentava il disco, e soprattutto vista la qualità dei brani che lo componevano. Ora è giunto il momento di verificare lo stato di salute della band, e soprattutto quanto sia stata in grado di far maturare il proprio sound, a distanza di tre anni. Il test è questo nuovissimo “Psychological subjection”, licenziato ancora una volta dalla nostrana Nadir Music. Beh, posso dirvi fin da subito che dei passi avanti sono stati fatti, visto che questa nuova fatica, partendo da dove si erano fermati con l’album omonimo di esordio, porta il gruppo un gradino più in alto, grazie a brani ancora più cerebrali, che però non perdono un’oncia della violenza già presente in precedenza. La capacità dei Black Propaganda sta proprio nel riuscire a pestare duro, ma mai con una furia cieca fine a sé stessa. I brani sono sempre costruiti con intelligenza, le alternanze tra sfuriate di tupa-tupa e parti cadenzate sono gestite sapientemente, e, in questo caso, sono state aggiunte alcune influenze ai limiti del death che rendono il tutto ancora più violento e malsano. Valore aggiunto, poi, sicuramente il lavoro chitarristico svolto da Ian Binetti, che oltre a cacciare riff interessanti si prodiga in assoli davvero di gusto, cosa che spesso manca nelle uscite più estreme. Unico neo, secondo il mio parere, resta ancora la voce di Jacopo, che alla lunga risulta leggermente fastidiosa e monotona. Ma tutto sommato è un aspetto che non inficia il risultato finale, visto che, ripeto, i brani convincono e vincono. La opener “Acid rain” è una mazzata micidiale, così come un gradino più in alto delle altre sono sicuramente “God rape the queen”, forse l’esempio migliore del nuovo stile dei nostri, la violenta “G.M.O. planet”, ma anche le più ragionate “System down” e “Oversize load”. Non c’è granchè altro da aggiungere. I Black Propaganda sono un nome da tenere d’occhio. Se già ne ero convinto dopo aver ascoltato il debutto, lo sono ancora di più dopo l’ascolto di questo “Psychological subjection”.
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