Partiamo da dove eravamo rimasti. Ovvero dal l’ultima frase della recensione “II” ad opera del validissimo Andrea Gandy Perlini: “Auguro agli inglesi di trovare il loro equilibrio con il prossimo "III", così da raggiungere quella sufficienza dalla quale ora sono così lontani”
Son passati tre anni dall’uscita di “II” e indubbiamente i britannici qualche timido passo in avanti lo hanno fatto.
“III” non stravolge la carriera degli Xerath, segue le stesse coordinate dei precedenti lavori mixando prog, orchestrazioni e chitarre pesanti, e a questo giro l’impressione è che la produzione sia decisamente più equilibrata, in particolare i suoni sono tirati a lustro e curati così che l’ascoltatore possa sentire al meglio ogni singola nota emessa dal quartetto..
Se prima potevano sembrare dei parenti lontani dei Meshuggah a cui piacciono i Dream Theater con l’orchestrina…ora sembrano ancora dei parenti lontani dei Meshuggah a cui piacciono i Dream Theater con l’orchestrina!
Che siano capaci a suonare i propri strumenti non ne dubita nessuno, peccato che quando si passa all’architettura della canzone si continuano ad intestardire con l’uso/abuso delle ritmiche sincopate come se fossero le uniche a loro note.
Le stesse rendono sì il muro sonoro più corposo e solido, ma allo stesso tempo impastano, rimescolano e rallentano l’ascolto.
Giunti a metà album il senso di asfissia (termine che va inteso negativamente) è qualcosa di fisico, come un prurito alla base del collo, la voglia di cambiare canzone pressante ogni secondo che passa. Ma soprattutto è la voglia di cambiare disco e mettere nel lettore qualcosa di più veloce ed effervescente a farsi strada in maniera energica e maleducata.
La sola “Veil” (suite divisa in due parti di cui la seconda strumentale) porta un senso di freschezza in “III”. La band abbandona per un attimo la veste più pesante ed ibrida e si lascia andare in una danza in cui è la componente progressive a prendere il sopravvento.
Probabilmente siamo noi in redazione a non capire la proposta degli Xerath (due su due fa riflettere), ma prima di passare alla cassa consiglio caldamente un ascolto.
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