Welcome back.
Dopo il passo falso che fu "
Glorious Collision", probabilmente serviva davvero arrivare ad un passo dallo scioglimento definitivo, per far ritrovare a
Tom Englund quella "
beautiful agony" (
cit. Dream Theater) che da sempre è il motore degli
Evergrey. Il fato vuole che due delle tessere mancanti (e migliori) del puzzle, ossia Henrik Danhage e Jonas Ekdahl, siano tornate alla base. La magia è di nuovo possibile, gli Evergrey sono tornati.
"
Hymns for the Broken" ritrova quella freschezza nella composizione, quella voglia di raccontare delle storie attraverso un metal elegante, sofferto, ottimamente prodotto e suonato, molto, molto vicino negli arrangiamenti (almeno per me) ai Queensryche di Mindcrime ed Empire (quantomeno negli arpeggi chitarristici che sottendono quasi tutte le composizioni), e se questo è prog metal chiamatelo pure così, ma io di progressivo qui ci sento ben poco. Ci sento, invece, grandi arrangiamenti che sorreggono brani convincenti, a partire da quella "
King of Errors" che avete già ascoltato nel video (che vi posto in calce), ma che procedono con la cattiva e coinvolgente "
A New Dawn", che ritrova quel sound quasi live, e quelle meravigliose melodie vocali, finalmente (di nuovo) consistenti, dopo lo scempio degli ultimi anni. Muscoli e lacrime, questo troverete in tracce superbe come la preziosa "
Wake a Change", la tristissima "
Archaic Rage", e una title track che piace, e piace sempre di più per la sua perfezione (qui intesa come perfetto esempio dell'Evergrey-sound), ma quasi tutte le tracce mantengono questo livello.
Sono molto contento di sapere che una delle bands che più mi piacevano, e che più mi avevano deluso, è stata in grado di tornare ai livelli che le competono. "
Hymns for the Broken", per il sottoscritto, sta tranquillamente nella Top 3 degli albums degli Evergrey. Muscoli e lacrime. Bentornati.