Francamente non mi sarei aspettato che
Elisa Over,
screamer di razza, nota per un passato nei White Skull e un presente negli Spidkilz, decidesse di realizzare un lavoro come questo “Leaves and blood”.
Non deve essere stato facile scegliere di mostrare tutte le proprie fragilità e l’aspetto più poetico e riflessivo della propria personalità al cospetto di un pubblico abituato alla sua immagine di
frontwoman aggressiva e risoluta, ma evidentemente tale esigenza era talmente pressante da rendere trascurabile qualunque altra valutazione razionale.
Mettersi in gioco attraverso un disco esclusivamente acustico, alimentato da sonorità
folk anglo-americane, denota un’audacia e una versatilità per quanto mi riguarda abbastanza “insospettabili”, anche perché il risultato è davvero fascinoso e intrigante, pregno di un’ispirazione autentica e profonda, di certo non “improvvisata”.
Allontanata l’ipotesi di un superficiale “diversivo”, non rimane che immergersi in queste atmosfere arcane e suggestive, capaci di avvolgere i sensi senza però ostentare una leziosità abbastanza frequente in questi ambiti stilistici.
Evoluzioni armoniche di retaggio celtico (“Leaves on my body”) si combinano opportunamente con le radici del suono
yankee (“Crazy wind”, “Pages for fools”), arrivando a distendersi in spigliate
rock-songs (“Naughty”, “Angel”), in rilassate ballate ad ampio respiro (“Ballad of shadows”) e in emozionanti rifrazioni musicali liquide e conturbanti (“My Kingdom”, “Black night mare, “Woods”), dimostrando un notevole talento compositivo e una considerevole intensità interpretativa, in un contesto privo di ogni protezione “elettrica”.
Convincenti anche quando si tratta di lambire ambientazioni
western (“Solitary fields”), la voce e la chitarra di Elisa riscoprono la bellezza della “semplicità”, il valore immarcescibile della “tradizione” e la capacità di trattarla con il dovuto “rispetto” rinunciando al contempo ad un atteggiamento eccessivamente nostalgico o imitatorio.
Lo strumentale “Rane” imprime un leggiadro sigillo su un disco sorprendente e coinvolgente, rivelatore di un aspetto inedito dello sfaccettato temperamento di un’artista vera, libera da condizionamenti e da pastoie di “genere”.
La speranza (nonché un modesto suggerimento …), ora, è che Elisa De Palma non smetta di “coltivare” anche il lato delicato e spirituale (quello veramente “oscuro”, forse …) della sua innegabile forza espressiva.
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