La Relapse Records continua il suo lavoro di ripescaggio di piccole grandi chicche in ambito thrash e death, e questa volta si occupa di riportare alla luce, e quindi tributargli i giusti onori, il primo ed unico full length dei
God Macabre. Era il 1993 quando gli svedesi diedero alle stampe “The winterlong…”, per troppo tempo rimasto semi sconosciuto o apprezzato solo dai completisti e i death maniacs. In realtà l’album non ha nulla da invidiare a tanti dischi usciti in quel periodo pubblicati da nomi che hanno avuto ben altra fortuna, e quindi, approfittando della recente reunion, l’etichetta americana ha deciso di dare una nuova opportunità alla band, magari per testare il terreno in previsione di un nuovo album. Il disco, ristampato in CD, in vinile, e in gold/black vinyl limitato a 300 copie, presenta inoltre quattro bonus track, e cioè “Life’s verge”, un inedito risalente agli anni dell’uscita dell’album, e l’intero EP “Consumed by darkness” dei
Macabre End, prima incarnazione del gruppo.
Si parlava di death, quindi, di quello più puro e duro, in pienissimo stile swedish, ovviamente, quindi sonorità care ai primi Entombed, ai Grave, ai Dismember, e via dicendo. Ma i paragoni devono servirvi solo per farvi capire le coordinate sulle quali si muovono i God Macabre, visto che, come spesso accadeva all’epoca in Svezia, la band pur rispettando alcuni canoni del genere ha un suo stile che, pur se in minima parte, si discosta dagli altri compagni di avventura. E quindi, se il suono delle chitarre è quello tipico, ribassato e oscuro, di Entombed e Dismember, ecco che la voce di Per Boder ha un tono tutto suo, né troppo cavernoso né troppo stridente. Per il resto, tutto ciò che può far godere un vecchio deathster incallito è presente nei solchi dell’album, dai tupa-tupa ai rallentamenti morbosi, dagli assoli di chitarra malati ai riff al limite del doom. In generale l’atmosfera è cupa e morbosa, come è giusto che sia, ma non mancano alcune aperture più melodiche, per quanto si possa parlare di melodia in album del genere. Questo a dimostrazione che la proposta dei nostri era sufficientemente varia e particolare, il che rammarica ancora di più se si pensa all’occasione sprecata, soprattutto ascoltando brani come “Spawn of flesh”, “Lost” o anche l’inedita “Life’s verge”, ancora più potente e incazzata.
Discorso a parte per l’EP dei Macabre End, sicuramente più marcio da un lato, ma anche leggermente più immaturo, anche se i buoni propositi del gruppo erano già tutti più che evidenti. Concludendo, se i Macabre End fossero riusciti a saltare sul carrozzone un paio di anni prima, senza tutti i problemi legati alle label che hanno avuto, probabilmente la loro carriera avrebbe preso una svolta differente. Purtroppo non ci è dato saperlo, e così come per moltissimi altri gruppi dalla sorte simile, ci “accontentiamo” che se ne parli tutt’ora, sperando, piuttosto, che la reunion porti buoni frutti, nella fattispecie un nuovo album, all’altezza delle aspettative e del nome della band.