Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:59 min.

Tracklist

  1. CALL OF THE SNAKE
  2. HIGH ROAD
  3. SKYWATCH
  4. RES PARALLELA
  5. AGAINST THE RABBITS
  6. MORNING FLAVOUR
  7. FESTUM DIABOLI
  8. CONVIVIUM
  9. INVOCATION OF MIR

Line up

  • Fabio La Manna: guitars, bass, keyboards
  • Andy Monge: drums

Voto medio utenti

Fabio La Manna è un valente multistrumentista e compositore torinese, in passato membro dei My Craving e oggi attivo negli Alchemy Room, e “Res parallela” è il suo primo lavoro solista interamente strumentale realizzato con il solo supporto del batterista Andy Monge.
Ok … non “spaventatevi”, non si tratta di un parossistico sfoggio di tecnica dedicato esclusivamente ad altri musicisti o presunti tali, bensì di un prodotto che può essere apprezzato anche da un pubblico più “generalista”, a patto che non disdegni il prog-metal, e in particolare di un tipo piuttosto inquieto ed evocativo, tra caligini soniche e suggestive aperture immaginifiche ad ampio respiro, da alternare alle consuete scorribande virtuosistiche.
Come plausibili riferimenti potremmo citare Dream Theater, Riverside e magari pure qualcosina dei Metallica Lovecraft-iani, ma la verità è che La Manna è un artista abbastanza poliedrico e peculiare, per il quale non è agevole identificare modelli “certi” allo scopo di descrivere l’ambito musicale in cui agisce.
Diciamo allora che “Res parallela” è un disco moderatamente “fruibile” e coinvolgente, non facilissimo, eppure ricco di spunti espressivi interessanti, a cui, spesso, manca davvero “poco” per conquistare in maniera incondizionata l’astante.
Quel “poco” potrebbe essere una superiore concisione in talune circostanze oppure, e qui ripropongo una mia antica “fissazione”, una “voce”, ovviamente all’altezza della situazione e da utilizzare anche solo sporadicamente per aumentare l’impatto delle linee melodiche e l’accessibilità globale di un’opera che talvolta appare leggermente “incompiuta” dal punto di vista “comunicativo”.
“Call of the snake”, “High road”, l’eterea “Skywatch”, la magnetica title-track e poi ancora la conturbante “Festum diaboli” (sebbene lievemente prolissa, invero), appaiono, così, i momenti maggiormente “a fuoco” di un lavoro lodevole, tale da far inserire quello del suo autore tra i nomi “caldi” della scena underground nazionale, attendendolo a nuove prove sempre più bilanciate ed emozionanti
Recensione a cura di Marco Aimasso

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