Partiti come semplici, ma fantastici, emuli degli
Iron Maiden nel lontano 2000 grazie a quella fantastica label che era la
No Fashion (anche madre degli
Wyvern...sigh!) grazie all'autointitolato debutto, negli anni gli
Wolf sono divenuti il simbolo del metal "cattivo", mai piegato alle mode ma facile da ascoltare, melodico ma allo stesso tempo con ambientazioni sinistre, testi malevoli e malvagi, che applicando lievi variazioni di disco in disco risulta il perfetto connubio tra i
Priest di metà anni '80 ed i
Mercyful Fate mixati con le migliori cose della storia NWOBHM.
A ben tre anni di distanza dal precedente "
Legions of Bastards", ecco sempre per
Century Media il nuovo "
Devil Seed" che, qualitativamente, sposta poco o nulla il discorso intrapreso da
Niklas Olsson unico vero leader della band che nel frattempo ha ruotato la lineup intorno a lui molteplici volte: nella loro discografia non esiste un disco debole, un lavoro da saltare, un episodio sottotono ed anche l'ultima fatica si incanala nella media qualitativa sempre molto alta che la band scandinava riesce incredibilmente a tenere. Probabilmente le punte di "
Ravenous" e specie di "
The Black Flame", primo album su Century Media, vero apice della loro carriera e punto di svolta nella carriera, non saranno più toccate come non lo sono state con l'uscita del 2014, ma certo che chi li apprezzava già negli anni passati non potrà che essere entusiasta del nuovo lavoro.
Inizio in pompa magna con la strabordante "
Shark Attack", vera rasoiata HM in vecchio stile, ed il terremotante mid-tempos di "
Skeleton Woman", esempio di come si muovono gli Wolf nel 2014, meno sparati del solito ed a loro agio anche in territori più lenti e cadenzati, che rendono il disco indubbiamente più vario del comunque soddisfacente "Legions of Bastards".
Qualche brano forse troppo leggero e banalotto, al limite dell'hard rock (ma comunque godibile) come "
My Demon" o semplicemente meno indovinato tipo "
The Dark Passenger" di certo non scemano il valore di "Devil Seed", che oltre ai brani citati può calare carte importantissime come le frustate di "
River Everlost", "
Frozen" e la conclusiva, bellissima e malinconica "
Killing Floor".
Fare paragoni è sempre brutto, ma scrivo questa recensione pochissime ore dopo aver stilato quella degli
Hammerfall: mi spiace per la band di
Dronjak ma il confronto attuale è veramente imbarazzante e ci fa apparire il combo di Orebro come dei veri gods of metal di ottantiana stirpe e regalità.
Real metal for true bastards...hanno già detto tutto loro.
Cerchiamo di premiare chi oggi se lo merita davvero.