“
Houston abbiamo un problema” … mi scuserete, spero, se nonostante l’evidente banalità, non ho resistito a mutuare la famosa frase passata alla storia come il simbolo del fallimento della missione Apollo 13, per rimarcare un piccolo passo falso nella (breve) parabola musicale di questi bravi
AOR-sters svedesi.
Avevo ampiamente apprezzato il primo episodio di “Relaunch”, identificandolo come una sorta di omaggio ai verosimili maestri degli
Houston, rilevando devozione e personalità nell’affrontare una sfida così impegnativa e “rischiosa”, ma francamente nutro molte perplessità sulle scelte che hanno condotto a questo
sequel.
Prima di tutto l’aspetto “etico” della questione … due
album di
cover sono ammissibili per artisti dalla carriera discografica “sostanziosa”, meno per degli “emergenti” con appena un paio di titoli all’attivo come i nostri scandinavi.
In secondo luogo la selezione dei pezzi si rivela fin troppo “gigiona”, mescolando personaggi importanti della scena di riferimento (John Farnham e Rick Springfield), nomi leggermente di “nicchia” (almeno dalle nostre parti … John O’Banion e Florida Georgia Line) e
chart-busters (One Republic, Lady Gaga), in un’operazione che olezza molto di furberia e di ostentazione della propria ecletticità.
Infine, ed è in ultima analisi l’aspetto prioritario, le trascrizioni, seppur impeccabili sotto il profilo tecnico-interpretativo, si dimostrano abbastanza “prevedibili” (“Justice for one”, “Love is blind”, “Souls”), “inoffensive” (“Cruise”), vagamente “moleste” (“Do what you want”, cantata con Lizette Von Panajott) o al limite un piacevole “diversivo” (“Counting stars”, un duetto con Victor Lundberg), e nulla “aggiungono” al profilo artistico di una
band dalle notevoli qualità qui abbastanza inibite.
Doti che riemergono fortunatamente nei quattro brani inediti del disco, materiale di ottimo livello (soprattutto “Don't look back” e “Our love”) che tranquillizza chi aveva inserito i nostri tra le “promesse” più interessanti del panorama melodico.
Niente paura … ci sarà tempo e modo per correggere la rotta e riprendere a puntare dritto verso l’
Olympus Mons di settore, a cui gli Houston, per mezzi e attitudine, possono certamente ambire.
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