Dopo sei anni di silenzio, interrotti solo dalla riedizione del demo di esordio, il vuoto si spalanca di nuovo sotto i nostri piedi, inghiottendoci famelico ed inesorabile.
I
Darkspace rilasciano il loro quarto album: tre brani, infiniti nella loro durata, di pura alienazione sonora, tre brani di ambient black metal che vi sprofonderanno negli insondabili abissi interstellari dei quali gli svizzeri sono i cantori più angoscianti e preziosi.
La musica del trio di Berna non va solo ascoltata.
Essa è una esperienza.
Una esperienza estenuante, angosciante ed assolutamente priva di luce come tutto il mondo che circonda questo affascinante gruppo e la sua iconografia.
Il quarto capitolo è, dunque, buio, è insondabile vuoto cosmico, è disperazione, è puro terrore. Il terrore che si può provare ad essere soli, persi nello spazio infinito.
Rispetto al passato la produzione si è fatta più nitida, gli strumenti sono perfettamente riconoscibili nella loro perfetta inumanità: le chitarre dipingono il gelo interstellare, la batteria sintetica viaggia incontrollata a velocità spesso parossistiche, gli intermezzi ambient e le angoscianti frequenze disturbate soffocano la speranza, le voci sono vomitate dagli anfratti più remoti del nostro universo.
Ogni elemento è concepito con meticolosa precisione e con precisione i
Darkspace sono in grado di spaventare e di terrorizzarti fino nel profondo, accompagnandoti tra le stelle e lasciandoti li, solo e nudo, di fronte all'ineluttabile che avanza, lento, verso di te.
Il nulla, il vuoto, l'asettico annichilimento.
I
Darkspace sono tornati e confermano di essere i signori dello Spazio.
Spaventosi.
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