Un pezzo di storia ci viene oggi consegnato tramite la High Roller Records, l'etichetta tedesca riesce nell'impresa di far uscire il primo full lenght dei veronesi
Epitaph, nome leggendario dell'underground doom italiano la cui fondazione risale addirittura al 1987.
Nicola Murari (basso) e
Mauro Tollini (batteria) hanno iniziato il loro viaggio in musica ancora prima di fondare gli
Epitaph, precisamente nel 1981, quando diedero vita a quei
Black Hole che, qualche anno dopo, incisero quel bellissimo disco progressive-doom che risponde al nome di
Land of Mystery.
Tanti, troppi demo ci sono stati nel passato del gruppo che ha ora la possibilità di mostrare a tutti di cosa è capace, gli amanti di
Candlemass, Pentagram, Trouble, Paul Chain, Black Sabbath si mettano sull'attenti perché il materiale contenuto in questo
Crawling Out of the Crypt è di valore assoluto!
L'evocazione di atmosfere plumbee e dense è magistrale, si materializzano attraverso riff dal sapore di zolfo che rotolano lenti, sorretti da leggere e sporadiche tastiere e cadenzati dal groove della batteria. Succede che i brani vengano spezzati di sovente da nervature elettriche più pronunciate che scuotono l'ascoltatore, fino a quel momento attonito, come in balìa di un incantesimo. Il potere evocativo della band è totale, può accadere, ad esempio, che una canzone come
Daughters of Lot, solamente attraverso il giro di basso iniziale riesca a farti avvertire sensazioni sinistre e catapultarti in un'altra dimensione. Basso che ha una parte molto rilevante nel suono della band, crea infatti le linee principali e dipinge di un tetro pessimismo nelle canzoni, non solo, è anche in grado di portare energia e ritmo. Il resto della magia la compie quello sciamano di
Emiliano Cioffi (anche nei bravi
All Soul's Day) che attraverso la sua voce impregna di malinconia ed esoterismo i brani, una voce che è un ibrido tra quella di
David Bower degli
Hell,
Geddy Lee,
King Diamond (come impostazione declamatoria) e l'opera. Non sempre l'andamento delle canzoni è prevedibile, una spruzzata progressiva le rende indefinibili sino al loro compimento, solo allora ci si può rendere conto della reale completezza e del loro significato. Trattare questo genere senza innovarlo non è una nota di demerito, anzi, la band riesce a padroneggiare la materia creando un suono che sembra perso nel tempo, potrebbe essere del 1975 o del 1985 ma invece è qui, oggi.
Nove brani che sono una rivincita per gli
Epitaph che sicuramente non diventeranno mai mainstream, visto anche il genere proposto, ma che possono garantire a noi amanti del doom sensazioni vere e profonde.