È lecito sperare di rinvenire musica in un cd dei
Club Dogo?
Ve la sentireste di chiedere a
Ringhio Gattuso d’impostare l’azione?
Si può pretendere introspezione psicologica dai protagonisti di un film di
Vanzina?
No.
Col metal il discorso non cambia: parametrare le aspettative alle reali possibilità di una band appare l’unico modo per valutarne la proposta in modo sereno. Traslando il principio al caso concreto: esigere dai
Lordi la profondità emotiva dei
Sólstafir, la raffinatezza dei
Royal Hunt o la perizia strumentale dei
Meshuggah sarebbe un esercizio irragionevole e velleitario.
Analoga aggettivazione potrebbe venir abbinata alle dichiarazioni del boss
Mr. Lordi, il quale, in sede di presentazione del nuovo
Scare Force One, ha avuto modo di sostenere che il nuovo materiale sia più “sperimentale”…
Suvvia, sorvoliamo sulle baggianate e diciamo le cose come stanno: l’energico hard rock intriso di atmosfere da horror B movie dei finlandesi non è mutato di una virgola, fa della linearità un punto di forza e di sperimentale non ha alcunché; semmai, si può apprezzare la reviviscenza di una freschezza compositiva che latitava nelle ultime, scialbe prove in studio -mi riferisco in particolare a
To Beast Or Not To Beast, a parere dello scrivente punto più basso dell’intera discografia lordiana-.
I Nostri, dunque, sono tornati a centrare l’unico obiettivo cui possano ragionevolmente aspirare, ossia intrattenere.
Il merito va in larga parte ascritto ai ritornelli, da sempre specialità della casa e in questa occasione sospinti da una ragguardevole enfasi anthemica. Saranno pur sempliciotti, ma provate a togliervi dalla crapa il chorus del singolo
Nailed By The Hammer Of Frankenstein o a non canticchiare quello di
Monster Is My Name...
Registriamo poi con piacere un maggior impegno nel dipanare gli arrangiamenti –apprezzabili, ad esempio, le keyboards circensi di
Hell Sent In The Clowns- e le trame dei brani -penso alla coinvolgente title track, dotata di un ottimo bridge, e del main riff di
How To Slice A Whore-, beandoci al contempo della sopraffina produzione ad opera di
Mikko Karmila (azzardata eppur vincente la scelta di rinunciare ai servigi del guru
Michael Wagener), passando così senza nemmeno accorgercene tre quarti d’ora spensierati… o forse un po’ meno, se scorporiamo dal computo un trittico finale sottotono.
I
Lordi restano in ogni caso degli insulsi buffoni?
Anche stavolta si sono limitati a scopiazzare i
Kiss e l’
Alice Cooper ottantiano?
Puntano solo sull’immagine e sui videoclip?
Dal vivo suonano in playback?
Può darsi.
Mi sono divertito ascoltando
Scare Force One?
Di certo.