E siamo a sei.
Nemmeno stavolta gli
Einherjer sono riusciti a farmi cambiare idea.
Ripercorrendo il loro ormai lungo cammino discografico, appare ai miei occhi lampante la collocazione a metà classifica che il combo di
Haugesund occupa nell’affollato campionato del pagan/viking metal; in altre parole, il gap qualitativo che li separa dalle squadre con legittime ambizioni da scudetto è tutto lì da sentire.
Il nuovo
Av Oss, For Oss, l’avrete capito, difficilmente permetterà loro di scalare posizioni, pur allontanando senza eccessivo sforzo lo spettro della retrocessione.
Rispetto a
Norrøn (2011) viene confermato l’utilizzo esclusivo dell’idioma norvegese, così come persiste il rifiuto di ricorrere a strumenti tradizionali od orchestrazioni -salvo qualche sporadico caso- per dopare la componente folk; il segno di discontinuità, semmai, va rintracciato nell’abbandono delle timide velleità di progressione musicale abbozzate nel recente passato.
In questa occasione si è deciso di puntare al sodo, tornando alle origini, snellendo l’architettura dei brani, conferendo maggior enfasi ai riff di chitarra e in generale accentuando la componente black del sound.
La scelta non paga sino in fondo, principalmente a causa di una ripetitività, sia strutturale che esecutiva (la sezione ritmica non incide mai come dovrebbe), spesso sfiancante, fra l’altro abbinata a brani dai ritmi medi privi di sapore e a corto di guizzi vincenti.
La fase centrale dell’album soffre particolarmente di ciò, tanto che
Hedensk Oppstandelse,
Nord Og Ner,
Nornene e
Trelldom scorrono senza lasciare traccia alcuna, se non uno spiacevole sentore d’incompiutezza.
Quando l’ispirazione li sorregge, i Nostri dimostrano di saper piazzare la zampata: penso all’arcisentito, ma godibilissimo, giro black’n’roll di
Nidstong –già nota ai fan più attenti grazie all’omonimo EP dello scorso agosto-, e soprattutto alla conclusiva title track, ambizioso tour de force che si snoda lungo dieci minuti di pura epicità guerresca, tra classici cori vichinghi e maestosi passaggi strumentali.
Purtroppo si tratta di blitz estemporanei, di sporadiche folate che non riescono a mascherare una manovra offensiva spesso sterile, nient’affatto agevolata da suoni poco ficcanti e da una copertina d’inusitata sciatteria.
Insomma, bene ma non benissimo.
Come sempre accade con gli
Einherjer.
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