Disco TOTALE!!!!Basterebbero queste due parole per chiudere la recensione. Perché a volte si ha paura di dirle certe espressioni, perché esce talmente tanta mediocrità al giorno d’oggi che uno non ci crede veramente quando ha il privilegio di ascoltare certe cose, perché a volte un disco per essere sicuri di ciò che rappresenta bisogna ascoltarlo e ascoltarlo e ascoltarlo. Mentre una volta su centomila bastano pochi secondi e già ti rendi conto che hai nelle orecchie qualcosa di immortale.
The Skull, ovvero i Trouble, ovvero la sezione ritmica de Trouble (Olson, Holzner), più sua maestà Eric Wagner alla voce, roba da far tremare i polsi anche ai più navigati. Ora credo di non dovervi spiegare che The Skull è il nome del secondo leggendario disco dei doomster americani, ed è proprio da qui che i nostri vogliono ricominciare, anche se a dirla tutta i suoni confezionati dal quintetto sono una perfetta commistione proprio tra The Skull e l’omonimo masterpiece dei Trouble del 1990, quindi anche venature stoner. I The Skull sono attivi dal 2012 e hanno già una notevole attività live dove hanno avuto la possibilità di riproporre dal vivo tutti i classici più importanti dei Trouble, ma finalmente quest’anno sono riusciti ad uscire con questo disco di inediti e che inediti, signori miei. Fin dalla copertina si percepisce lo sforzo di riportare alla mente quel doom dalle forti influenze cristiane che affonda le radici nelle Sacre Scritture, nel nostro caso nel libro profetico di Isaia capitolo 52 (dove viene profetizzata la rinascita di Sion e la futura venuta del Messia). Il disco inizia con Trapped Inside My Mind e subito il paragone con il loro disco del 1990 è paurosamente dentro di noi, tutto scorre che è un piacere, l’oscurità delle chitarre la melodia malata con la voce di Wagner che la interpreta alla perfezione, c’è pure l’accellerazione perfetta a rendere il brano un classico istantaneo e già si intravede una cosa che sarà un valore aggiunto in tutto il platter, una prestazione dietro le pelli di Olson incredibile. Primo capolavoro. Si prosegue con il classico doom di The Touch Of Reality, che funge da perfetto preludio per due brani da vera antologia, Sick Of It All, sospesa, eterea ma al tempo stesso pesantissima che sfocia nella parte strumentale finale che è un tripudio di concatenamenti tra le due chitarre di Keller e Goldsborough (ex Pentagram) e un Olson che sembra una bestia ferita in gabbia, e poi The Door, canzone incredibile dove fanno capolino carion, nebbie fittissime, fumo, una melodia liquida che ci pervade dalla testa ai piedi, uno di quei pezzi che si scrivono in momenti di assoluta ispirazione.
Tutto quello detto finora basterebbe e avanzerebbe per farne già un disco di tutto rispetto, ma i The Skull ci offrono ancora la classe sopraffina di due tracce come Send Judas Down, dall’incedere cadenzato e ipnotico e la selvaggia A New Generation, altro brano dove lo stoner fà capolino tra ritmi serrati, riff da incorniciare e ancora una volta un’interpretazione di Wagner come ai vecchi tempi che si esalta nel chorus:”Delive Us From Evil!!!!!!”, sono pressoché già al tappeto. Ma, incredibile a dirsi, il meglio deve ancora venire, i successivi due solchi riportano il discorso sul DOOM più classico alla Trouble e Till The Sun Turns Black procede ritmata come un blues estremizzato e nerissimo che sostiene anche in questo caso una melodia dal sapore sinistro che mantiene un certo hook ma non risulta nel contempo affatto scontata la quale ci trasporta direttamente là dove tutte le tensioni finora accumulate troveranno il loro reale sfogo, nella title track, e qui ho rischiato l’infarto, perché il brano è uno di quelli da pura leggenda, il meglio del meglio che ho potuto ascoltare in musica da tantissimo tempo a questa parte. Momenti acustici, riff pesantissimi, una melodia quasi di Zeppeliniana memoria e i cinque che sono in grado di trasportarci nel più profondo degli abissi con una leggerezza che lascia senza parole, un fottutissimo capolavoro di musica!!! Il disco si chiude con due tracce che in pratica sono il singolo che ha anticipato il disco, le quali hanno il merito di mantenere alta la tensione, soprattutto la finale The Last Judgment che rappresenta la riproposizione di un vecchissimo brano che i Trouble eseguivano dal vivo nei primi anni ’80, ma capite bene che dopo aver ascoltato quella incredibile title track qualsiasi cosa ora ci appare più smorzata.
Che dire, era una vita che non mi esaltavo cosi per un’ uscita discografica, ero già rimasto colpito quest’anno dal lavoro degli Apostle of Solitude ma qui siamo su altri livelli. Quando i veri maestri scendono in campo e lo fanno con tale convinzione e ispirazione riescono a portarci ancora una volta indietro nel tempo negli anni dove dischi come questo ne uscivano 10 ogni 6 mesi, negli anni gloriosi del metal. Ma il genio e l’ispirazione non hanno confini anagrafici e quindi godiamoci questi The Skull, l’USCITA del 2014 per il sottoscritto, senza timore di dirlo.
Ma siete ancora lì? A leggere la recensione di questo cretino? Andate a comprare questo disco e fatevi uno dei più bei regali della vostra vita.
A cura di Andrea “Polimar” Silvestri