L'inizio del 2005 vede i Disbelief continuano imperterriti la loro marcia sfornando il loro sesto album a nome "66 Sick". Ho sempre apprezzato il quintetto tedesco nelle loro proposte da studio, in particolare il granitico "Worst Enemy", anche se la loro esibizione durante il No Mercy del 2003 mi aveva lasciato piuttosto con l'amaro in bocca, complice anche una resa sonora non adeguata al tipo di canzoni proposte sul palco. I successivi lavori avevano già evidenziato una tendenza del gruppo a non fossilizzarsi eccessivamente sul loro stile e un'apertura verso melodie e influenze diverse dal classico infuocato repertorio estremo. Quest'ultimo lavoro amplia ulteriormente questa caratteristica e consegna tredici canzoni che come da tradizione puntano maggiormente sulla potenza piuttosto che sulla velocità, nelle quali vengono incastrate a forza linee sonore ora hardcoreggianti, ora lisergiche. Basti pensare ad esempio a "Sick" o a "Floating On High", nelle quali riffs massicci e disperati sorreggono uno spiazzante ritornello che sembra tratto da "Untouchables" dei Korn, oppure alla conclusiva "To Atone For All", introdotta da un desolato intro a nome "Mental Signpost" racchiusa da delicati arpeggi semiacustici. In effetti un disco così vario come "66 Sick" può facilmente spiazzare gli ascoltatori più intransigenti oppure i fans che si erano fatti le ossa ascoltando i primi dischi del gruppo, ma dopo un iniziale smarrimento i ripetuti ascolti di "66 Sick" lasciano emergere tutta la qualità delle composizione targate Disbelief. Probabilmente un ascolto preventivo dell'LP è consigliabile; per conto mio sono già pronto a premere il tasto play per riascoltarlo nuovamente una volta terminato.
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