"Nulla di imprescindibile, chiariamo, ma “Shift of Redemption” ha un suo perché ben definito e l’unico rammarico è non poter giudicare la band sulla lunga distanza, visto che questi quattro brani sono davvero pochi per capire se, spinti su un minutaggio più ampio, gli Enabler sarebbero riusciti ugualmente a mantenere l’ascoltatore sul filo del rasoio, oppure sarebbero risultati essi stessi ripetitivi. Per adesso dobbiamo rimanere nel dubbio e goderci questo EP, in attesa di una futura prova più sostanziosa."Rob, nella sua recensione del precedente EP degli
Enabler, era obbligato a rimanere nel dubbio. Io ho la fortuna di poter chiarire la situazione: gli americani sono ripetitivi.
Belli (opinabile), bravi (senza dubbio), noiosi (altrettanto). Nel senso che questa proposta musicale, hardcore praticamente puro con voce sguaiatissima, ha senso con durate inferiori alla mezz'ora ma diventa dannatamente difficoltosa da digerire quando si parla di 14 (QUATTORDICI!!) brani.
Ribadisco, la bravura è fuori discussione, soprattutto tenendo conto del fatto che il mastermind
Jeff Lohrber si divide tra microfono e chitarra, ma non basta questo a rendere intrigante un disco intero, a meno che non siate dei grossi fanatici dell'HC californiano, cosa che ahimè io non sono.
E in quanto tale non posso che giudicare negativamente un disco come "
La Fin Absolue du Monde", pur riconoscendo agli
Enabler una discreta dose di qualità che non affossa del tutto il loro lavoro ma lo rende semplicemente una chicca (non imprescindibile) per appassionati.
Quoth the Raven, Nevermore..
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