Negli ultimi quattordici anni avevano già dato segni di vita, con un paio di raccolte, pochi brani inediti e qualche data live, e solo ora, sul finire del 2014, i
Warrant (quelli forgiati nelle fucine teutoniche in quel di Düsseldorf) danno alla luce il loro secondo album.
E non li trovo ne imbolsiti e tantomeno
folgorati sulla via di Damasco da improbabili voglie moderniste. I Warrant di "Metal Bridge" non hanno assolutamente preso le distanze da quelli che avevo conosciuto e apprezzato ai tempi di "First Strike" e "The Enforcer". Non per niente sul finire del disco piazzano un paio di recuperi del loro passato, nel dettaglio quelli di "Ordeal of Death" e della stessa "The Enforcer".
Ad ogni modo, giusto per non passare per il solito nostalgico, mi catapulto sui pezzi nuovi, quelli che seguono una breve introduzione a partire da "Asylum", spedita e ben sorretta dal drumming di Thomas Rosemann, con un minimo di melodia a livello di refrain e, anche in questo, non molto lontana dai primi Rage. Delle sirene in lontananza ed ecco che le
power & speedy "Come and Get It" e a ruota "You Keep Me in Hell" ci fanno notare come la voce di Jörg Juraschek, oggi unico superstite della formazione originale, sia meno stridula e
isterica, infatti, il suo timbro si è fatto ora maggiormente profondo, garantendo il giusto apporto di aggressività e ricordando un po' Blaze Bayley e un po' Peter "Peavy" Wagner.
Titoli spiccatamente Heavy Metal come "Blood in the Sky", "Face the Death" o "Eat Me Alive" non vengono poi smentiti dai fatti: Dirk Preylowski sferraglia con la sua chitarra e lascia sempre il segno, Rosemann detta i tempi e pesta accuratamente il drum kit, mentre Juraschek
scartavetra le vocals. L'accoppiata "All the Kings Horses" e "Nyctophobia" è uno dei momenti migliori del disco, un paio di mid-tempo spiccatamente eighties, ruvidi il giusto, pulsanti e con un refrain ammiccante. L'anima più
speedy & thrashy dei Warrant emerge invece sulla quadrata "Helium Head", prima che "Don’t Get Mad Get Even" e "Eat Me Alive" pur nel loro incedere incalzante lascino trapelare un approccio, soprattutto nei ritornelli, più scanzonato e
rockettaro. I Warrant ribadiscono la loro immortalità (e, infatti, sono qui a quasi trent’anni dal loro esordio) con "Immortal" prima di autocelebrarsi con due ottime e fedeli rivisitazioni delle già citate "Ordeal of Death" e "The Enforcer", canzoni che hanno saputo reggere il peso del tempo e che non suonano fuori contesto tra composizioni più recenti. L'ultima traccia della tracklist, "Labyrinth of the Lost", è infine uno strumentale, nemmeno troppo banale, che funge da outro.
PS: nota di merito su di un più che azzeccato artwork: una copertina che rappresenta un vero
ponte tra passato e presente, sempre all'insegna dell'Heavy Metal.
The Enforcer... We'll ride by your side
Listen close what is this, not bird or plane
Could it be the review fucking with your brain
All it takes just one touch over one, two, three
With a flick of a switch turn on... Metal.it
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