Svedesi, all'attivo da qualche anno ed ora giunti al vero e proprio debutto discografico, un album autointitolato che esce per la label brasiliana Sound Riot.
Poca la fantasia impiegata nello scegliere il titolo e, ad essere onesti, nemmeno troppa quella che comunicano con lo scorrere dell'album. I riferimenti sono essenzialmente due: la scuola maideniana, evidente in brani come "The Analyst" (dove Per Karlsson gioca a fare il Dickinson) o "The Great Witch Hunt", e quell'hard melodico che in Svezia ha un gran seguito tra fans e musicisti, che gli Unchained lasciano trapelare soprattutto nella ballad "I Dream", nell'articolata "Seventh Sin" e sulla ben scandita "Ordinary Sinner".
Ma c'è anche dell'altro, e ad esempio "Ghost Of The Alchemic Hall" ha un andamento alla Manowar (specialmente all'inizio e sul piano ritmico) mentre la lunga fase solista del duo Blome/Ericsson è maggiormente indirizzata al neoclassico. Il problema è che troppo spesso queste influenze viaggiano separate e si incontrano solo in pochi casi, lasciandosi alle spalle la sensazione di un gruppo ancora indeciso sul da farsi.
Eppure l'iniziale "My Guide", un ottimo mid tempo galoppante ed accattivante aveva centrato l'obiettivo e creato quelle aspettative poi non del tutto mantenute, soprattutto nei brani più complessi (vedasi "Theater Of Fear" e "Seventh Sin").
Ho tuttavia la sensazione che gli
Unchained potranno riuscirci in futuro.
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