Accipicchia, ma cos’è successo?
Avevo lasciato una band interessante, originale, con chiari margini di crescita ed un talento non comune… e mi ritrovo una insipida poltiglia sonora senza capo né coda.
Quale meccanismo si sia inceppato nel giocattolo
Krakow non è dato a sapersi; quel che appare certo, purtroppo, è l’imbocco di un repentino percorso involutivo che sfocia in
Amaran, perfetta trasposizione in note del concetto di “brutta sorpresa”.
All’ascolto dell’opener
Luminatus erano già scattati tutti i campanelli d’allarme: assurdo inaugurare il disco con un pezzo così fiacco, inconcludente e noioso (basteranno i primi due minuti per mettere a dura prova la vostra pazienza).
La successiva
Atom chiarisce appieno i motivi della scelta: semplicemente, il livello del platter è quello.
Un astruso coacervo in bilico tra stoner, grunge, post rock e doom, con sporadiche capatine nella dissonante psichedelia dei
Voivod: questo, per sommi capi, il sound che i Nostri hanno tentato di elaborare.
Peccato che i pezzi non abbiano capo né coda, avanzino quasi per inerzia, in modo pachidermico e svogliato, gettando abbozzi di idee che non vengono mai sviluppate sino in fondo.
Esempio ne sia
Genesis, brano dall’incipit interessante, minaccioso, che sembra preludere a un prosieguo di buon livello… ma si interrompe dopo tre minuti, sul più bello, infrangendo le ormai flebili speranze dell’ascoltatore per cedere il testimone a
Vitriol, sei minuti di noia incontaminata.
Non resta che arrendersi all'evidenza: la varietà del precedente
Diin (2012) è scomparsa senza lasciar traccia, così come le bordate di metal estremo che contribuivano a movimentare il sound dei norvegesi.
Su
Amaran, ahimè, di movimentato non rinverrete alcunché, motivo per cui vi risparmio l’analisi dettagliata della rimanente tracklist, afflitta dai medesimi difetti già ampiamente denunciati poco sopra.
Autoindulgente, paludosa, priva di vita: la musica dei
Krakow, per quanto mi riguarda, oggi è questa. Poi, se altri dovessero ritenere l’album in esame una perla d'introspezione sperimentale minimalista (in giro se ne leggono di grosse…), tanto meglio per loro.
Sarò limitato, non avrò compenetrato l’intima essenza dell’opera, non capirò nulla di musica, fatto sta che se avessi investito 15 euro dei miei risparmi per questi 45 minuti di tedio puro starei ancora inveendo contro ogni divinità a me nota.
Statene alla larga se potete.
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