Foreign - The Symphony of the Wandering Jew - Part 1

Copertina 5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2014
Durata:72 min.
Etichetta:Independent

Tracklist

  1. AHASVERUS
  2. CURSED
  3. THE RUNNING
  4. ETERNAL ENEMIES
  5. ETERNITY PART I
  6. XUANZANG
  7. THE QUEST
  8. JUAN ESPERANDIOS (LOST IN DIFFERENT LANDS)
  9. ACTIVATED
  10. BY THE SEA
  11. ETERNITY PART II
  12. THE WORST PAIN EVER FELT
  13. MEDEïVEL

Line up

  • Ivan Jacquin: vocals, keyboards, various intruments
  • Hundreds of various Special Guests

Voto medio utenti

"... mii, partorirai con dolore... E dimmi, sei preoccupato?"
"Non è tanto il parto che mi preoccupa, ma l'accoppiamento!"
(cit.)



Ecco cosa ho provato, alla fine dell'ascolto di codesto dischetto, dopo aver focalizzato sulle parole Part 1 che seguono il titolo.

Ma andiamo con ordine, che sennò sembro il collega Pastafariano.

Ivan Jacquin, tastierista e compositore francese (ahia, partiamo male, un punto a suo sfavore), una mattina si sveglia e decide di mettere in piedi una cosuccia semplice semplice, un concept album sinfonico sulla storia dell'Ebreo Errante, l'uomo maledetto da Gesù Cristo in persona per non averlo dissetato nel suo cammino verso la crocifissione (dici che porterà un pò sfiga?).

E così Ivan il Modesto si circonda di un centinaio di sessions connazionali e mette in piedi un'opera talmente ambiziosa ed enorme che gli scoppia un pò tra le mani, diventando un coacervo di narrazioni, cori gotici, passeggiate prog rock, chitarroni, assoli di tastiera di un quarto d'ora e poi romanze da salotto, e poi momenti di pianoforte alla Baglioni, e chi più ne ha più ne metta.

Il primo aggettivo che mi viene in mente quando ripenso a questo album? LUNGO. Settantadue minuti di autoindulgenza e di Ego, spalmati su tredici tracce, che qua e là hanno anche i loro momenti interessanti, ma che hanno la rara capacità di sfinirti, non avendo la minima coerenza interna.

Che dite, certe volte non è meglio volare basso e fare qualcosa di più accessibile? Per carità, massimo rispetto per l'arte di Ivan, ma sto disco mi ha lasciato assetato come gesù bambino, e senza manco un ebreo errante da mandare affanculo.
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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