Definirlo ambizioso sarebbe riduttivo.
Il nuovo album degli statunitensi
Periphery è mastodontico sin dal titolo e dal formato: "
Juggernaut" in inglese è un termine usato per indicare qualcosa di enorme e distruttivo, e mai titolo fu più azzeccato per quest'opera gigantesca, spalmata su due albums ("
Alpha" e "
Omega") per una durata complessiva di più di ottanta minuti.
Il combo americano è da sempre un pupillo del new prog/djent; osannati da gente del calibro di Mike Portnoy, Devin Townsend ed altri, la band riesce, con il suo terzo lavoro sulla lunga distanza, a mettere in piedi un'opera davvero enorme per quantità e qualità, difficile da digerire, complessa ed articolata nel suo dipanarsi tra tracce lunghissime e brevi intermezzi, il tutto accompagnato da un sotto-concept sulle molte rinascite di un essere alla ricerca del vero sé.
Stilisticamente, la prima parte è quella un pò più articolata, laddove sin dall'intro i Periphery giocano a mescolare sapientemente tutte le sonorità di cui sono in possesso, alternando senza soluzione di continuità momenti più assimilabili al prog rock e sfuriate al vetriolo, come la devastante "
MK Ultra". Sarà la title-track ad erigersi ad epitome dell'intero platter, con un ritornello accattivante ed una melodia che diventerà ricorrente nelle varie tracce, continuando a palesarsi anche nel secondo capitolo di questo mastodonte.
Ascoltare "Juggernaut" equivale ad intraprendere un viaggio senza ritorno: questo è un album che ti costringe ad ascoltarlo, che non puoi sottovalutare, che ti rapisce e ti obbliga a seguirlo in una sarabanda senza soluzione di continuità. Ma non è di certo un disco di facile digestione: i musicisti coinvolti sono ormai delle personalità di spicco nel proprio strumento, e non mancano di usare le loro immense doti creando paesaggi sonori disturbanti e spesso imprevedibili, sorretti dalla multiforme e, devo ammetterlo, bellissima e versatile voce di uno
Spencer Sotelo in grado di fornire una prova allucinante per varietà e consistenza nei diversi stili a cui si accosta, dal cantanto delicato e sussurrato agli acuti più power, ad uno screaming selvaggio e graffiante.
Tratteggiare a parole un'opera della complessità di "Juggernaut" è davvero impresa ardua, tante e diverse sono le suggestioni che un monolite di heavy metal di questa portata riesce a suggerire all'orecchio dell'ascoltatore. Di sicuro, il secondo disco ci porterà verso territori più pesanti e consistenti, pur non mancando di continuare a disorientare con i suoi continui ed intricati bivi sonori.
Se dovessi tentare di tirare le somme, in poche parole, affermerei che siamo di fronte ad un'opera matura, convincente ed estremamente affascinante nella sua complessità. Pur non amando il genere, ho potuto apprezzare come suoni tipicamente
-core siano stati fusi in maniera superba con un tecnicismo mai prolisso, ed una ricerca sonora che diventa imprescindibile nella stesura di un disco di questa portata. Qui non c'è una sola nota che non sia pensata, soppesata, valutata ed inserita in modo da essere funzionale al dipanarsi del brano, piuttosto che dell'intero album. "Juggernaut" è un disco che deve piacere, ma che di sicuro colloca i Periphery molto in alto, con merito, nell'olimpo degli innovatori. E innovare, nel 2015, è uno dei verbi più difficili da coniugare nel nostro amato mondo di metallo. Bravissimi.