Hypnos 69 - The Intrigue of Perception

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:45 min.
Etichetta:Elektrohasch
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. THE ENDLESS VOID
  2. GOOD SINNER – BAD SAINT
  3. THIRD NATURE
  4. TWISTING THE KNIFE
  5. THE INTRIGUE OF PERCEPTION
  6. ABSENT FRIENDS

Line up

  • Steve Houtmeyers: guitar, vocals, mellotron
  • Tom Vanlaer: bass, hammond, moog
  • Steven Marx: saxophones, clarinette
  • Dave Houtmeyers: drums, synths

Voto medio utenti

Stefan Koglek non è soltanto il bravissimo leader dei magnifici Colour Haze, ma si diletta anche a scoprire potenziali talenti per la sua piccola Elektrohasch, scandagliando attentamente il sottobosco nord-Europeo e non solo. Aveva già ottenuto un buon successo tempo fa con gli Ugh! e gli eccellenti Gas Giant, più di recente ha riproposto all’attenzione di tutti gli argentini Los Natas, ed ora offre la ribalta ad uno splendido gruppo di rock psichedelico pescato nel musicalmente aridissimo Belgio.
A sentire l’attacco di “The endless void” il pensiero corre immediatamente ai Pink Floyd della fase matura o addirittura agli antichi Colosseum, storici pionieri delle contaminazioni jazz-prog, infatti il brano è un’incantevole retrò-rock settantiano ricco di mistero e fluide vibrazioni space, con improvvise esplosioni di elettricità nervosa che si sprigionano dai duetti chitarra-sax mettendo subito in luce tutto il carattere e la vigoria del gruppo belga.
Certamente i colossi dello psych-rock sono stati studiati a fondo dagli Hypnos 69, lo s’intuisce dall’uso brillante e continuo di un sassofono scintillante che si erge a protagonista dell’album insieme al solismo fantasioso ed intenso del chitarrista Steve Houtmeyers, ed anche dallo schieramento di tastiere d’annata utilizzate per la tavolozza di colori psichedelici che rendono gustoso e vario l’album, ma il quartetto rielabora la materia con gran gusto personale.
La band esprime un fascino melodico di finissima qualità, basti notare il lussuoso taglio onirico e jazzy che illumina la swingante e malinconica “Good sinner – bad saint”, esaltata anche dall’imponente lavoro della lead e da ampie porzioni di trip-rock, o l’atmosfera commovente della ballata elettroacustica “Third nature”, espressione progressiva di un’eleganza e dolcezza non insipida come non ci capitava da tempo di sentire.
Uno stile caldo e magnetico che si sviluppa senza fretta e con ancor meno strepiti, le stesse vocals di Houtmeyers si presentano educate e spesso sussurrate, il feeling è quello rilassato ed intrigante dei migliori episodi di gente come King Crimson o Van Der Graaf con l’aggiunta delle moderne aperture guitar-jam emerse con le nuove generazioni del settore.
Basterebbe forse la prima parte del disco a stimolare l’interesse dei fans di We, On Trial, Dead Meadow, Sun Dial, e di tutta l’area neo-psych, ma il quartetto ha in serbo ancora grandi sorprese.
Dopo la grintosa “Twisting the knife”, il brano più hard-oriented del lavoro, parte l’enorme e fiabesca suite che offre il titolo all’opera e pochi istanti di pura magia struggente sono sufficenti per tessere le lodi di chi ha strappato gli Hypnos 69 ad un anonimato ingiusto ed immeritato.
Bello ed ironico il contrasto tra un titolo solare e spaziale come “Islands on the sun” ed i sentimenti intimi, nebbiosi ed autunnali che scaturiscono dalla sua deliziosa melodia, mentre la fase centrale della suite “The next level” garantisce emozioni lisergiche grazie ad un connubio di sperimentazione e solismo fiatistico, infine si ritorna al meraviglioso respiro Floydiano con “A castle in the sky” un raffinato volo elettroacustico impregnato di umori nostalgici e pennellato di eleganza psych-prog e di sax straripante. Un percorso sopraffino che scivola leggero e rinfrescante come pioggia primaverile, ed i Belgi giunti al loro terzo album dimostrano di aver raggiunto una maturità ed una personalità di primo livello.
Si chiude con la breve nenia delicata “Absent friends” un lavoro che recupera con abile garbo le migliori intuizioni di un lontano passato, al quale manca forse soltanto qualche momento aggiuntivo di ruvidezza che lo avrebbe reso stupefacente. Già così è un disco di assoluto rilievo per gli amanti del settore, che puntando sulle mirate produzioni Elektrohasch non rischiano mai di sbagliare.

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