Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2015
Durata:40 min.
Etichetta:Century Media Records

Tracklist

  1. APEX PREDATOR - EASY MEAT
  2. SMASH A SMALL DIGIT
  3. METAPHORICALLY SCREW YOU
  4. HOW THE YEARS CONDEMN
  5. STUBBORN STAINS
  6. TIMELESS FLOGGING
  7. DEAR SLUM LANDLORD…
  8. CESSPITS
  9. BLOODLESS COUP
  10. BEYOND THE PALE
  11. STUNT YOUR GROWTH
  12. HIERARCHIES
  13. ONE-EYED
  14. ADVERSARIAL / COPULATING SNAKES

Line up

  • Shane Embury: bass
  • Mitch Harris: guitars, vocals
  • Mark "Barney" Greenway: vocals
  • Danny Herrera: drums

Voto medio utenti

Non so se senza i Napalm Death la nostra musica sarebbe stata diversa, quel che so è che sicuramente sarebbe stata più noiosa.
30 anni di coerenza artistica e intellettuale non rendono giustizia completa al gruppo britannico, la cui importanza è stata più volte sottolineata da musicologi ben più importanti e capaci del sottoscritto, in grado più volte di rigenerarsi e di risollevarsi dalle avversità senza perdere cattiveria ed aggressività.
Dall’uscita di “Smear campaign” nel 2006, ormai i Nostri pubblicano i full lenght con regolarità triennale e “Apex predator – easy meat” conferma un trend che non nasconde un modello organizzativo collaudato.
Il titolo dell’album è una amara riflessione della band sul concetto di schiavitù contemporanea nel mondo del lavoro del terzo mondo; nel 2013 del Rana Plaza a Dacca, un palazzo in cui erano ospitate cinque fabbriche tessili, ed il cui crollo ha portato alla morte di più di 1100 lavoratori.
Musicalmente ci troviamo fra le mani un album, se possibile, ancora più spigoloso e “rumoroso” dei precedenti nonostante una produzione molto buona e, mi si passi il termine, curata.
Se nel recente passato poteva capitare di canticchiare il riconoscibile refrain di una “Sink fast let’s go” o di una “The code is red, long live the code”, in “Apex predator” questo non accade, ‘Barney’ Greenway sciorina una prestazione pregna di intensa rabbia iconoclasta in cui sono totalmente assente i minimi accenni melodici.
Non che il resto della band sia da meno si intende, “Apex predator” è molto più grind oriented, il riffing più death oriented limitato, e, ad esclusione della titletrack dalle tinte industrial e della doomeggiante “Dear slum landlord”, il tutto è suonato a velocità supersonica.
Un album compatto, in cui, secondo il parere di chi scrive, la parte migliore sta nel lotto di canzoni centrali che vanno dalla già citata “Dear slum landlord” a “Hierarchies”, dove l’ascolto è già entrato nella sua fase più matura.
Molto probabilmente questa scelta non sarà gradita da chi ha da sempre apprezzato la fusione di più stili e sonorità da parte dei Napalm Death, che giudicheranno “Apex predator” troppo monocorde e poco “coraggioso”.
D’altra parte questo è un album di quelli che vi faranno detestare a morte dai vicini di casa, perché impossibile da ascoltare a basso volume. E si sa, quando si ascoltano i Napalm Death ad alto volume significa che lo si sta facendo nell'unica maniera possibile: quella giusta.

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