I nostri tempi di grande popolarità “culinaria” (accendete la televisione in qualunque momento della giornata e ci troverete di sicuro qualcuno che cucina …) ci dicono che anche per ricette in apparenza non straordinariamente innovative o elaborate, l’esito non è mai “scontato”.
Prendete l’enfasi di Magnum e Ten, aggiungete le progressioni dei Dream Theater e poi spolverate il tutto con appena un pizzico di caligine Sabbath-
iana e con un velo di aristocrazia melodica di marca Asia: il risultato, se non adeguatamente dosato e farcito d’iniezioni importanti di carattere e sensibilità, potrebbe facilmente diventare un “pastone” indigesto e poco appagante, mentre fin dal primo l’assaggio si capisce che “The deception of dreams”, il secondo
menù discografico completo (esordio nel 2011 con “The darkest star”, ma nel 2014 i nostri hanno licenziato anche un EP dal titolo “Beyond the dark horizon”) allestito dagli albionici
Reason saprà verosimilmente lusingare le papille gustative degli appassionati del settore, onorando, così, il ruolo educativo di
MasterChef tanto nobili e prestigiosi.
La creatura di Chris Gyngell e Paul Mace, musicisti di notevole cultura e spessore tecnico, grazie anche al fattivo contributo di una solida sezione ritmica e di suggestive orchestrazioni tastieristiche, riesce, dunque, a impressionare favorevolmente soprattutto perché domina piuttosto bene l’antica arte della misura e del buongusto, proponendo melodie e strutture armoniche abbastanza intriganti e infarcendo il tutto con un delizioso stile tipicamente
british, nello specifico declinato attraverso una sapiente mistura di eleganza, intensità e carica espressiva.
Tra riff magnetici ed evoluzioni soniche d’estrazione
prog-metal (“Synchronised” e le atmosfere care al
Teatro Del Sogno esibite in “Sacrifice”), melodrammatiche dissertazioni esotiche (“Fire eternal”, con addirittura qualche vago rimando ai Mission di Wayne Hussey, e la
grandeur di “Souldrift”), pause riflessive (“September child”) e brani a maggiore “presa rapida” (“Heartless” e le brillanti “Revelation” e “Star crossed”), il dischetto compiace e convince con sapori noti e non per questo oltremodo insipidi e banali.
E bravi Reason … nelle scomode e improbabili vesti di “giudice” (spero un po’ più simpatico della media di categoria …) del grande
talent show del
rockrama contemporaneo, il mio personalissimo consenso, valido per passare al “prossimo turno”, lo avete conquistato, però attenzione perché la competizione è serrata e per emergere in maniera perentoria sarà necessario reperire un guizzo supplementare.
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