Pura magia.
Nordica. Epica. Evocativa.
Aspettavo il ritorno sulle scene dei
Galar, duo norvegese di Bergen, da ben cinque anni, da quando cioè il precedente
"Til Alle Heimsens Endar" aveva illuminato il firmamento del Black Metal di una luce nuova ed assolutamente accecante.
Dopo tanta attesa, basta l'arpeggio iniziale della titletrack che apre
"De Gjenlevende" ("Il Lutto") per consegnarci, di nuovo, un assaggio di quella magia così elegante e così affascinante che aveva caratterizzato l'uscita precedente e che è tratto peculiare del gruppo.
Un gruppo che guarda in direzione degli indimenticabili
Windir e dei
Borknagar più violenti e meno cervellotici, per metterci al cospetto di una musica impetuosa, elegantemente rifinita con splendidi inserti folk, aspra nel suo sapore nero e maledettamente evocativa nei suoi squarci di puro infinito che si aprono di fronte agli occhi mentre la si ascolta.
I
Galar confezionano sei brani in cui è la melodia, epica, ad essere assoluta regina di un mondo incantato, un mondo nel quale cori fieri e stentorei si adagiano sulla furia distruttiva delle chitarre, un mondo nel quale lo scream urticante di
Marius Kristiansen viene bilanciato, ed in qualche modo reso ancora più devastante, dalle geniali aperture sinfoniche (sorrette da un quartetto d'archi e da strumenti tradizionali) che, improvvise, si stagliano nell'aria quasi ad ergere un muro contro il quale la belligerante furia esecutiva degli strumenti si infrange nel più rumoroso dei contrasti.
"De Gjenlevende" è un album in cui perdersi, è musica creata per distaccarsi dalle cose terrene per viaggiare verso il grande Nord, alla scoperta del folklore Pan-Europeo narrato nei testi, fino a sentirne gli odori, vederne i colori, assaggiarne i sapori e viverne, sulla propria pelle, le suggestioni e le contraddizioni.
Contraddizioni che ritroviamo in brani luminosi ma anche oscuri, fatti di melodie indimenticabili e di brutalità incontrollata, forgiati contemporaneamente nel vento gelido e nella delicatezza delle soluzioni arpeggiate e omaggiati da una produzione perfetta nel valorizzare sia il comparto vocale che quello strumentale.
Brani fatti, come ho ricordato all'inizio, di pura magia.
Perchè questa musica altro non è che semplice magia delle terre scandinave ed i
Galar suoi interpreti orgogliosi ed eroici.
Serissimo candidato a disco dell'anno.